Inizio complesso, di difficile digestione, causato dall’utilizzo del gergo cinematografico. Successivamente gli eventi iniziano ad approfondirsi e le storie si sviluppano attorno al personaggio di Schuyler, corridore, volto televisivo e raffigurazione iconografica di una religione in crescita.
Il chiaro mescolarsi di vita privata, esibizioni pubbliche e gestione degli animi della massa spettatrice lo renderebbe attuale, se l’adattamento non fosse saldamente radicato nel linguaggio degli anni ottanta. Anche la tecnologia, o il futuro immaginato, è innegabilmente vetusto ai nostri giorni.
Sfuggito alla stretta oppressiva della Diocesi di Northernmost, Ross Schuyler è diventato un velocista, insieme a un pugno di compagni sfreccia tra mortali fasci di particelle sparate da satelliti sempre all’erta per contrabbandare microprocessori fra le rovine di Phoenix e Los Angeles, centro di smistamento per l’Asia e il mercato europeo. Sullo sfondo di un’America avvilita e fatiscente, Schuyler diventa ben presto un’autentica star televisiva, ma ecco che i suoi compagni cominciano a morire sempre più numerosi, mentre la donna che gli ha dato un figlio cerca di assassinarlo. Forse per Schuyler è giunta davvero l’ora dell’ultima corsa?