Libro molto particolare che fa riflettere sul metodo della preghiera senza posa che trova spazio nel credo cristiano generale ma che viene spesso disprezzato da correnti religiose come quella protestante.
Questo “povero” pellegrino si troverà davanti a diverse situazioni che avranno sempre una particolare svolta che fa riflettere non solo sulla preghiera ma anche su alcuni argomenti che spesso alcuni fedeli si pongono.
“Per grazia di Dio io sono un uomo e cristiano, per azioni gran peccatore, per condizione un pellegrino senza terra, della specie più misera, sempre in giro da paese a paese.”
Così si apre questo risplendente poema russo, che è al tempo stesso fiaba poetica e grande trattato spirituale. Della fiaba esso infatti ha la continuità narrativa, gli ingenui refrains, la candida forma letteraria, la fantasiosa vena lirica. Ma al di là della storia incantevole del pellegrino risoluto a procedere all’infinito, finché non gli sarà svelato il significato delle parole dell’apostolo Paolo: Pregate senza intermissione, di cui egli ha immediatamente colto l’aspetto iperbolico (come è possibile pregare senza intermissione, quando siamo tanto occupati a vivere?), palpita l’intuizione spirituale di una esperienza mistica, dell’inseguimento di una visione ignota e inesplicabile, spesso soltanto una parola arcana, per la quale si abbandona ogni bene e ci si fa pellegrini per amore. Nel suo itinerario spirituale, lo soccorre uno starets, quasi il genio delle fiabe, che gli consegna una formula magica l’antica invocazione del Nome di Cristo e due talismani, un libro e un rosario. L’opera è appunto la cronaca del mirabile cammino spirituale del pellegrino, fino alla stupefatta ed ebbra convivenza con la Preghiera del Nome, quando non più lui vive la Preghiera ma ne è vissuto, secondo la frase paolina: “Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me.”