I Sonetti di Ugo Foscolo furono composti tra il 1798 e il 1803 e pubblicati tra il 1802 e il 1803. Sono in tutto dodici e la loro storia editoriale è strettamente legata a quella delle due odi più celebri: A Luigia Pallavicini caduta da cavallo e All’amica risanata.
A Luigia Pallavicini caduta da cavallo è la prima ode di carattere neoclassico di Foscolo, composta nella primavera del 1800 a Genova, dove il poeta era capitano dell’esercito napoleonico comandato dal generale Masséna e assediato dagli austro-russi. Lo spunto viene dato all’autore da un fatto di cronaca riferito ad una giovane gentildonna, Luigia Pallavicini, che s’infortunò durante una cavalcata sulla spiaggia, oggi scomparsa, tra Cornigliano e Sestri Ponente.
Foscolo scrive così un'”augurale consolatoria” per la contessa, augurandole di ritrovare la sua bellezza, che, cadendo dalla cavalcatura, vide deturpata .
Ne nasce un componimento che, escludendo il dramma, si trasferisce in un’aura remota e favolosa in una specie di Eden dove le donne si trasformano in dee. I riferimenti al mito di Adone (come simbolo della caducità della bellezza individuale) e a quello di Artemide (che rappresenta la fugacità della bellezza universale) innalzano l’ode a più alte interpretazioni. Il Foscolo non celebra in questa ode solamente una donna, ma la bellezza come espressione di un mondo armonioso nel quale potersi rifugiare, dove la bellezza femminile viene contemplata con trepidazione perché soggetto a decadimento.
All’amica risanata, scritta nel 1802 in occasione della guarigione da una malattia di Antonietta Fagnani Arese, residente in una villa di Robecchetto in provincia di Milano, è un canto pieno di gioia per la salute che l’amica, della quale lo scrittore era perdutamente innamorato, riacquista. Come nell’ode precedente, il tema è quello della bellezza minacciata e risorgente e del suo alto valore consolatorio nella vita. Come in “Luigia Pallavicini” il motivo è solo un pretesto per cantare non tanto una donna ma l’idea pura della bellezza come contemplazione che aiuta ad elevarsi a pura idealità. Nell’ode compare anche un altro tema, fondamentale poi in tutte le opere di Foscolo: quello della poesia eternatrice che rende sublime il vivere, la bellezza e i valori dell’umanità.
I motivi poetici dei sonetti e il loro risultato espressivo non sempre sono uniformi. Se infatti nei primi si rintraccia un certo tono declamatorio di stile ancora ortisiano a causa del contrasto non ancora risolto tra la passione e la riflessione e lo stile è ancora incerto perché oscilla tra un linguaggio lirico pacato e un linguaggio spezzato e drammatico, nei secondi la misura stilistica è perfettamente equilibrata pur prendendo spunto dai temi tipici foscoliani come quello dell’esilio, della patria greca, delle illusioni, degli affetti familiari e il presagio della tomba illacrimata. Prevale in questi ultimi la componente autobiografica arricchita dal tono filosofico di carattere epicuraico-lucreziano.
Lo stile dei sonetti è simile a quello che si ritroverà nei Sepolcri, appassionata sintesi di romantica intimità e di classica virilità compostezza e, come nel carme maggiore, vi è in essi l’uso modulato dell’endecasillabo reso ampio dal movimento delle strofe fino a rendere i versi simili ad una mesta musica che ha però la solennità della meditazione del poeta sui temi che riguardano la vita, la morte e il destino.
L’originalità del sonetto foscoliano è da rintracciare nella sua particolare impostazione metrico-stilistica. L’autore riesce infatti a variare con grande abilità lo schema classico del componimento alternando, come nel sonetto “Alla sera” il movimento solenne delle quartine a quello più serrato delle terzine.