C’è qualcosa di diverso in questo romanzo, un’idea ambiziosa, un lavoro di ricerca certosino, un amore spassionato per una città e per i suoi abitanti, una passione per la storia e per una cultura troppo spesso resa arida dai libri di scuola.
La componente fantastica, come è giusto che sia per i miti, è perfettamente compatibile in questo contesto.
Il richiamo della sirena è un canto antico, ma allo stesso tempo moderno, un inno della greca Neapolis, ai suoi cittadini, che tanto somigliano ai cittadini della Napoli attuale, non solo nei pregi ma anche nei difetti.
Prima che Roma diventasse la maggiore potenza della penisola italiana, Neapolis era una città ricca e rispettata, signora del golfo che oggi porta il suo nome. Greca per fondazione, nel 328 a.C. essa ospitava un’enclave sannita. Presa in un ingranaggio diplomatico tra potenze tanto più grandi di lei, Neapolis accettò che un considerevole contingente si insediasse nella città vecchia di Parthenope, da dove i sanniti non si limitarono a difendere le mura della città, ma osarono incursioni nel territorio dei vicini alleati di Roma. Roma reagì stringendo d’assedio la polis greca, un assedio durato più di un anno che, secondo le fonti storiche, ebbe un epilogo insperato, rocambolesco. Questo romanzo è un viaggio tra pagine di storia dimenticata ai confini della leggenda, la riscoperta di personaggi temerari e dotati di qualità pari a quelle di Ulisse, con la sirena Parthenope, il benigno nume tutelare che dimora nelle viscere della polis. Un tentativo di ricostruzione di una serie di eventi a tratti paradossale che getta nuova luce e ridona lustro all’antichità di una città speciale.