A Casa di Lucia | IL MAESTRO DI VIGEVANO
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IL MAESTRO DI VIGEVANO

L’ambiente che il romanzo ritrae è quello dei maestri elementari, categoria che il mondo economico non ha toccato e che continuano a sperare nelle promozioni di qualifica, nella pensione, negli scatti del “coefficente”, in mezzo a un mondo sempre più avido di benessere realizzato in gran fretta.

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Description

Mastronardi aggiunge un altro capitolo al suo studio sociologico della società vigevanese. Negli anni del boom economico la città, già centro industriale in epoca fascista, alimenta i sogni di ricchezza di chi da operaio «vuole diventare padrone». Tra queste ansie e desideri si muove il maestro Antonio Mombelli. A Vigevano l’epopea industriale delle scarpe ha reso poveri gli impiegati statali e Antonio, con il suo magro stipendio, riesce faticosamente a pagare tutti i conti e deve passare i pomeriggi dando lezioni private. Il maestro è sposato con Ada e ha un figlio, Rino. La moglie è una donna delusa dalla propria condizione e vorrebbe andare a lavorare in fabbrica, perché «a Vigevano lavorano tutte le donne!». Mombelli vive la propria vita abitudinaria, sopportando con pazienza i colpi che gli giungono dalla società in cui vive: la città non riconosce il ruolo «missionario» degli insegnanti e la scuola stessa è un luogo in cui sono perpetrati continui atti di sadismo. Quando Ada ottiene la propria indipendenza economica, mette in crisi l’equilibrio familiare. Non solo comincia ad acquistare «roba», ma spinge il marito a lasciare il lavoro: con il denaro della liquidazione la donna attiva una fabbrichetta di scarpe. Il maestro si trasforma in un “padroncino”: ne assume il linguaggio, la presunzione, gli orari. È questa sicurezza acquisita a tradirlo perché, a causa di una delazione alla polizia tributaria, non può mettere più piede in azienda e vive da mantenuto della moglie. In un finale nero Mombelli osserva la dissoluzione della sua famiglia: Ada in punto di morte gli confessa i molteplici tradimenti e Rino, il figlio che doveva riscattarlo nella società, finisce in riformatorio. Tornato nella scuola da “ultimo arrivato”, si convince a sposare una collega dai fianchi «sodi e robusti» e poco attraente perché è «come avere trenta milioni in banca». Anche il maestro, come tutta la città, cede alla convenienza economica.

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