Sette racconti, sette storie tutte così diverse ma tutte connesse da un filo rosso: il mare, raccontato mediante diversi punti di vista in queste brevi pillole, quasi liriche, di cruda realtà. Non ci sono nomi propri e le azioni si svolgono sempre nei pressi di un’isola, di cui non è mai fatto il nome. Quasi ogni storia ha in sè la morte di uno o più personaggi e resta avvolta da un alone di mistero, dovuto all’omissione dell’inizio dei fatti.
La detenuta evasa dal penitenziario sull’isola, il cutter verde pistacchio avvistato allargo, il faro che non s’accende perché i due guardiani sono impegnati in una rissa disperata, l’operazione chirurgica che il capitano d’un cargo compie con un rasoio sulla gola d’un suo marinaio seguendo istruzioni trasmesse per telegrafo, il morto che va alla deriva seguito da un gabbiano, la medusa massacrata da un’elica, un amore: c’è una rete invisibile che avvolge tutte le vicende, le separa, le connette, le intrinseca. Uniformemente vario, inarrestabilmente impassibile, il mare fa affiorare ogni tanto un tessuto di storia e subito lo immerge.
Questo romanzo-prisma, composto di sette racconti-sfaccettature, che rifrangono continuamente i destini di uomini, imbarcazioni, animali, è il capolavoro di Brignetti: un libro tutto suspense, che deriva dalla grande tradizione di Melville e di Conrad la sua densa carica simbolica. Brignetti ha saputo fondervi tensione enigmatica, passione lirica e rigore descrittivo.