L’intera opera di Kafka, scrittore praghese di straordinaria forza simbolica, acuto indagatore dei motivi della colpa e della condanna, che ha saputo mediare la cultura occidentale a sfondo razionalistico e gli impulsi mistici dell’ebraismo.
La disgrazia dello scapolo.
Sembra così amaro restare scapoli, dover pregare da vecchi con grave discapito della propria dignità, di essere accolti quando si desideri trascorrere una serata con degli esseri umani, essere malati e dall’angolo del proprio letto contemplare per settimane la stanza vuota, doversi congedare sempre davanti al portone, ma non poter mai salire le scale a fianco della propria moglie, avere nella propria stanza solo porte laterali che conducono in appartamenti altrui, portare a casa in mano la propria cena, dover ammirare bambini estranei e non poter ripetere continuamente: «Io non ne ho»; uniformandosi nell’aspetto e nel comportamento a quello di uno o due scapoli conosciuti in gioventù.
Sarà cosi, solo che anche nella realtà oggi e più tardi ci si troverà con un corpo e una testa vera, quindi anche con una fronte e una mano per batterci sopra.