I solitari deliri e le tortuose riflessioni di un giovane scrittore errante nella vita urbana, accompagnato dalla sua inesorabile antagonista, la fame. Un romanzo che sta sulla soglia della grande letteratura del Novecento.
Il grande choc che la letteratura nordica procurò all’Europa di fine Ottocento è legato a due romanzi: Inferno di Strindberg e Fame di Knut Hamsun, pubblicato nel 1890. Ed è uno choc la cui violenza il lettore sentirà ancora oggi.
Un giovane scrittore, nei cui tratti e nelle cui esperienze si riconosce facilmente lo stesso Hamsun, passa un periodo di solitari deliri e tortuose riflessioni nella città di Christiania, tentando di sopravvivere con sporadiche collaborazioni giornalistiche, in attesa di manifestare il suo genio letterario. Vari personaggi lo sfiorano e scompaiono, ma unica vera e costante compagna, inesorabile antagonista, è la fame, presenza ossessiva che riesce a trasformare le apparenze del mondo come una potentissima droga, producendo una continua oscillazione fra atroci depressioni e morbose euforie. Visionario della fame, il giovane scrittore scopre il carattere fantomatico e oppressivo della vita urbana, si inoltra negli infiniti sottosuoli della mente, lascia infine che esploda la sua rabbia fisiologica contro una società che sembra affinare sempre più, col tempo, le sue torture. E la sua narrazione brucia il naturalismo esasperandolo – mentre nel più immediato quotidiano vediamo affiorare un nuovo spessore di spettralità e violenza.