Un modo di raccontare che lascia sorpresi, tra modernità, classicità e colore regionale. Sottile e malinconico.
Scritto al più tardi nel 1913, ma pubblicato solo nel 1919, “Con gli occhi chiusi” è il racconto di una promessa di felicità irrealizzata e brutalmente tradita, la storia di una proprietà in rovina e di un amore sventurato, quello tra Pietro, giovane debole e insicuro, onesto ma ingenuo che finisce vinto dagli uomini e dalle cose, e Ghisola, figura di donna magnificamente ritratta nell’ambiguità dell’affetto e dell’inganno. La cecità cui il titolo allude, metafora del rifiuto di una visione atroce e intollerabile, non è solo del protagonista ma di tutti i personaggi, nessuno dei quali sa uscire dalla propria sofferenza e aprire gli occhi sulla realtà degli altri. Pioniere nel sondare le zone oscure della psiche umana, Tozzi compone una intensa ricognizione del profondo e della nevrosi ricca di suggestioni autobiografiche, con una narrazione asciutta, essenziale, a tratti violenta, illuminata da un vigoroso lirismo capace di cogliere la pena e l’angoscia del vivere. Introduzione e note di Giuseppe Nicoletti.