Divertente, avvincente, perfettamente equilibrato nello stile, questo romanzo è senza dubbio l’esito più felice e godibile – pur nel permanere di un appassionato e fermo impegno di denuncia civile – dell’attività letteraria di Truman Capote.
Nel 1958, in un’America non ancora immune dagli spettri della guerra fredda e già segnata da una certa ansia di trasgressione, Colazione da Tiffany sembrò davvero condensare lo spirito del tempo, e insieme proporre una filosofia di vita capace di convertire i modelli severi della morale puritana in pura pratica della gioia, della “leggerezza”, della vitalità. Holly Golightly, la straordinaria protagonista, è una ragazza allegramente insofferente delle convenzioni sociali e delle convenienze, che si fa guidare nelle sue scelte da una profonda moralità, fatta di solidarietà, di gesti generosi, di assoluta mancanza di malizia, e che proprio per questo contravviene alle ottuse regole del perbenismo borghese. Con la piccola corte di tipi “irregolari” di cui si circonda, costituisce un nucleo che senza volerlo prefigura una socialità diversa, più aperta e tutto sommato felice. Ma il mondo che la circonda non accetta facilmente il suo ingenuo porsi contro corrente, e Holly dovrà pagare: coinvolta senza colpe in una vicenda di droga, ne uscirà, ma verrà abbandonata dall’uomo che avrebbe dovuto sposare. E tuttavia il conformismo non trionferà, perchè la ragazza partirà, pronta a ricominciare altrove con una carica vitale semmai accresciuta.