L’impertinenza può essere insopportabile o deliziosa, a seconda da chi l’incarna. Quella di Oscar Wilde sembra appartenere al secondo tipo, visto il successo e la popolarità delle battute, dei paradossi, delle affermazioni contrarie al buon senso – o semplicemente al senso comune – presenti nella sua opera, di cui questa raccolta offre un ampio campionario. Ma, a ben guardare, niente è più “pertinente” al clima che si respirava nei salotti aristocratici e intellettuali dell’Inghilterra vittoriana, di cui Wilde fu forse l’unico ad esprimere una lucida consapevolezza. Una classe sfibrata dall’ipocrisia, avvilita dall’indesiderata mediocrità, isolata nel suo estetismo al punto da non saper più distinguere, per mancanza di termini di confronto, tra arte e artificio, bellezza e frivolezza, forma e sostanza. Con la consolazione, tutto sommato un po’ magra, di saper riconoscere lo champagne di qualità al primo sorso.