24 Nov GRANDE MERAVIGLIA E I DIRITTI DELLE DONNE
“La libertà è tutto ciò che dobbiamo a noi stessi”.
Viola Ardone scrittrice ed insegnante napoletana, con una scrittura particolarissima nella prima parte del libro e delicata nonostante il tema trattato, ci regala il suo terzo best seller: “Grande Meraviglia”, edito nel 2023 da Einaudi.
Napoli Anni ‘80.
Elba nasce e cresce in manicomio con la madre che, per renderle meno triste quell’esistenza, le inventa un mondo e un modo di vivere, per sopravvivere.
“Dentro al mezzomondo ci sta pure Elba, che sono io, ma per me questo è il mondo intero, perché il resto che c’è, non so neppure cos’è.”
Fausto Meraviglia è l’altro protagonista: nella prima parte del romanzo, conosciamo il giovane anticonformista e battagliero psichiatra che inizia ad applicare, nel manicomio in cui sopravvive Elba, la legge Basaglia, approvata nel 1978 ma che, all’epoca stentava ad entrare in vigore.
“In teoria dovevano esser già stati chiusi per legge ma nella pratica, esistevano ancora, così come esistevano, l’elettroshock selvaggio, il coma insulinico, le camicie di forza, la contenzione meccanica praticata arbitrariamente, e in maniera prolungata”.
Fausto tenta di portare Elba fuori dal manicomio intraprendendo una lotta, soprattutto contro di lei: non si può, da un giorno all’altro, dare libertà a chi non vuole prenderla, non si può dare un mondo intero a chi ha conosciuto solo un “mezzomondo”.
Si potrebbe far fatica a comprendere Elba che ha paura di uscire nel mondo: proviamo ad immaginare se, da un giorno all’altro, fossimo catapultati su un pianeta alieno, circondati da alieni, per quanto la vita alienante, per Elba, è stata quella precedente.
Napoli 2019: Ritroviamo Fausto settantacinquenne, per quanto sempre ironico e sprezzante, deluso dalla vecchiaia e dall’ultima parte della sua vita, solo, forse proprio a causa del suo anticonformismo e delle sue battaglie per la libertà. Ma Elba, i figli, e l’ex moglie, anche se non sono riusciti a vivergli accanto, avranno sempre per lui un affetto immutato.
“… la vita non è solo quella che abbiamo davanti è pure quella che è passata. Tutto quello che abbiamo fatto … la vecchiaia … non è quello che ci siamo persi, ma è quello che ci rimane.”
Lo salutiamo scoprendo che non bisogna mai arrendersi alla vita stessa, che le cose bisogna dirsele tra chi si vuol bene, il rischio di malintesi, che sia troppo tardi, c’è!
“Non è giusto tornare nei posti che più ci hanno fatto mal. Stai bene, Meraviglia, e di tutto il resto fottitènne”.
Protagonista del libro è anche una verità storica, scomoda e taciuta: i manicomi e la loro gestione arbitraria, violenta, abusiva, umiliante. Quante persone, soprattutto donne, avevano davvero bisogno di cure psichiatriche, di esser rinchiuse contro la propria volontà, di esser sottoposte a trattamenti disumani a causa di una società patriarcale che permetteva al padre, al marito di rinchiudere la propria moglie o figlia?
“Ce ne sono tante, … donne giudicate sbagliate, imperfette, eccentriche, volubili perché non sono rimaste dal lato del mondo in cui erano state messe. Dichiarate pazze dal padre, da un fratello, dal marito per liberarsi di una moglie che non voleva più.”
Quante di noi, nate qualche anno prima, si sarebbero ritrovate ad esser additate come “pazze” solo per il fatto di esser sé stesse? Oggi, in alcune realtà, succede ancora.
Quando e perché un’istituzione, una persona può arrogarsi il diritto di supremazia su un’altra, il diritto di togliere l’altrui diritto, il diritto di togliere dignità, il diritto di umiliare?
Come stanno reagendo gli uomini che non si sono saputi adeguare ad una società che si evolve, che non hanno avuto più un mezzo criminale, all’epoca quasi legale come il manicomio, per poter rinchiudere una donna scomoda? Si stanno forse trasformando in un altro tipo di criminale?
Come si spiega altrimenti, a distanza di una cinquantina d’anni dall’approvazione delle leggi che, in Italia, hanno liberato le donne dall’esser proprietà di un uomo, l’aumento dei casi di femminicidio?
In un momento storico durante il quale i femminicidi sono in aumento, i diritti delle donne che credevamo acquisiti per sempre, che forse abbiamo dato per scontati, sono a rischio.
N.B. Il seguente testo è un estratto di un articolo pubblicato per il Caffè nel 2023
Iniziano verso la fine del 1800, in Europa, i movimenti volti a sensibilizzare e ottenere la parità dei diritti civili. Le donne che manifestano, in particolare per l’ottenimento del diritto al voto, vengono chiamate suffragette: iniziano anni di lotte, rivendicazioni, manifestazioni, proteste anche violente, duramente represse con carcere e torture. Dobbiamo a queste donne, le leggi, i diritti, i miglioramenti, le lente aperture mentali, il fatto che possiamo vestirci come ci pare, esprimerci, lavorare, studiare; tutto ciò oggi sembra ovvio (ma ancora non a tutti), fino a pochi decenni o lustri fa, non lo era affatto.
Eroine ci hanno fatto diventare proprio quelli che ci volevano ferme, zitte, sottomesse, schiave.
Di seguito un elenco di alcune leggi che hanno portato alla parità legale della donna in Italia:
1945-46: Diritto al voto attivo e passivo (D lgs 23/45 e D lgs 74/46)
1963: Accesso ai pubblici impieghi (Legge 66/63)
1970: Divorzio (Legge 898/70)
1975: Riforma del diritto di famiglia (Legge 151/75)
1978: Aborto (Legge 194/78)
1977: Divieto di discriminazione, nell’accesso al lavoro, formazione professionale, retribuzione e qualifiche professionali (Legge 903/77)
1981: Abrogazione delitto d’onore e matrimonio riparatore (Legge 442/81)
2003: Attuazione direttiva UE 2002/78 divieto di ogni discriminazione (D lgs 216/2003).
2009: Introduzione reato atti persecutori/stalking (Legge 38/2009).
2021: Certificazione della parità di genere da parte delle aziende tramite misure concrete e controlli (Legge 162/2021).
Per continuare il percorso di cambiamento, per onorare le donne che hanno combattuto in prima linea, con il loro corpo, con le loro capacità, dobbiamo vivere consapevoli che siamo tutte creature alla pari e, prima di tutto, dobbiamo esserne consapevoli noi donne.
Il primo passo, o meglio l’ennesimo, verso la parità di genere, culturale, verso la pari dignità, ancora una volta lo dobbiamo fare proprio noi donne. Dobbiamo essere consapevoli, che la disparità nasce da secoli di cultura patriarcale alla quale siamo assoggettate fin da piccole e che anche la bambina cresciuta con i genitori più equi ne subisce le conseguenze.
Dobbiamo sentirci già libere in una società dove non lo siamo ancora in maniera totalizzante. Sentiamoci libere ed insegniamo ad esserlo. Sogniamo ed insegniamo alle bambine a sognare. Crediamo e realizziamo i nostri sogni ed insegniamo agli altri a crederci e a realizzarli.
Finché penseremo di esser di meno, da meno, di non valere abbastanza, che sia giusto e normale che solo gli uomini abbiamo posizioni privilegiate, il sistema non cambierà! Lo dobbiamo a noi stesse, a chi ha combattuto per i diritti che abbiamo oggi, per le nostre figlie, ma, anche e soprattutto per i nostri figli: bisogna passare il testimone correttamente alla prossima generazione.
Eroine, se necessario, torneremo ad esserlo.