Leonardo Sciascia presentando nel 1982 in questa collana Il mirto e la rosa di Annie Messina – pubblicato allora con il pseudonimo di Gamîla Ghâli – scriveva: «Non tutti i manoscritti si trovano sigillati nelle bottiglie. Ce ne sono, misteriosi quanto quello di Poe, che arrivano in pacchetti ben confezionati, e forse confezionati da mano femminile, con cura a che nel viaggio non si sciupino e al tempo stesso con una discreta, misurata civetteria. Come questo che pubblichiamo, molto probabilmente scritto da una donna – come anche il pseudonimo fa sospettare – e che sembra arrivare da molto lontano, dalla lontananza delle Mille e una notte. Sembra: ma già scorrendo le prime pagine sentiamo che ci arriva – nel tempo e nello spazio – da molto vicino. Tanto da vicino, nel tempo, da far pensare agli scritti sull’amore di Ortega y Gasset. E non si tratta certamente di una traduzione, ma di un originale scritto nell’italiano di oggi, con semplicità e limpidezza. Eppure la semplicità e nitidezza del mezzo espressivo non impediscono, e si direbbe anzi che agevolano, lo scatto e la tensione di questo racconto nel misterioso, nell’arcano». La stessa tensione, la stessa struggente atmosfera che ritroviamo in questi racconti, scritti da Annie Messina negli ultimi anni.