Un libro che nasce all’ombra del film.
Una rappresentazione magistrale della fisicità intesa come passione e della potenza della musica come squisito ed essenziale ingrediente della passione.
Quando Jane Campion ha girato Lezioni di piano, non immaginava che i suoi personaggi avessero ancora delle storie da raccontare. Chi ha visto il film conosce già Ada, la pianista muta, il marito Stewart e l’amante Baines. Tutti e tre sono vittime di una forza soggiogante, quella dell’eros, che non sono preparati ad affrontare: soprattutto in un mondo come la Nuova Zelanda del diciannovesimo secolo, lontano e selvaggio, autoritario e fuori da ogni legge. Ma le immagini per quanto seducenti, non hanno esaurito tutte le passioni compresse dentro di loro. Il romanzo che la regista ha scritto con Kate Pullinger è quindi molto diverso dai libri che, in genere si traggono dai film di successo: non solo perché la parola sa andare più a fondo dell’immagine, ma anche perché la storia di Ada acquista un passato e uno spessore prima assenti.
Perché Ada è muta? Di chi è la figlia che la accompagna nel suo viaggio in Nuova Zelanda, verso un marito sconosciuto sposato per procura? E chi è veramente Baines, l’inglese affascinato sia dalla cultura dei Maori che dal pianoforte di Ada? Lezioni di piano dà una voce ai silenzi di Ada e ai turbamenti di Baines, si cala dentro gli occhi dei personaggi e non si limita a vederli da fuori: e lo fa con una scrittura tanto limpida ed evocativa, che parrebbe essere opera di un romanziere del secolo scorso. Ma se le parole sono fuori dal tempo, la sensibilità che le ispira è decisamente contemporanea: Lezioni di piano è la storia di una donna che non scende a compromessi – una vera e propria eroina della volontà, fin da quando, a sei anni, ha deciso di non parlare più – e che scopre come il linguaggio dei corpi sia equivalente a quello della musica.
Tra silenzio e allusione, questo libro colma un vuoto nella sconfortante mancanza di personaggi memorabili che affligge tanta letteratura contemporanea. E mostra come sia ancora possibile creare storie senza dover inchinarsi alle mode, ed esplorare l’erotismo evitando il sensazionalismo.