Céline, che amava definirsi un cronista, aveva vissuto le esperienze più drammatiche: gli orrori della Grande Guerra e le trincee delle Fiandre, la vita godereccia delle retrovie e l’ascesa di una piccola borghesia cinica e faccendiera, le durezze dell’Africa coloniale, la New York della “folla solitaria”, le catene di montaggio della Ford a Detroit, la Parigi delle periferie più desolate dove lui faceva il medico dei poveri, a contatto con una miseria morale prima ancora che materiale. Questo libro sembra riassumere in sé la disperazione del nostro secolo: è in realtà un’opera potentemente comica, in cui lo spettacolo dell’abiezione scatena un riso liberatorio, un divertimento grottesco più forte dell’incubo.
In “Morte a credito” Céline racconta gli anni della sua vita (della vita del suo personaggio, del suo alter ego narrativo) dall’infanzia sino all’immediata vigilia dell’evento che segna l’inizio del primo romanzo (“Viaggio al termine della notte”), cioè la partenza, come giovanissimo volontario, per l’avventura-massacro della prima guerra mondiale.