23 Feb DOLCE COME IL CIOCCOLATO
“Sapeva, perchè l’aveva provato a sue spese, quanto potesse essere intenso il fuoco di uno sguardo.
Può accendere perfino il sole.”
Romanzo originale ambientato in Messico, in una fattoria ai tempi di Pancho Villa, in un mondo latino-americano magico, speziato, saporito e agrodolce.
L’arte culinaria è la “colonna sonora” di questa storia melodrammatica. Superstizioni, antiche tradizioni e regole da rispettare sono condite con un bel tocco di passioni proibite e sapori sconosciuti. Ed è proprio un’assurda tradizione a non permettere ai protagonisti, Tita e Pedro, innamorati, di non poter sposarsi e coronare il loro sogno d’amore: la figlia minore deve restare zitella per accudire la madre fino alla morte.
Tita si rifugia in cucina: lì esprime le sue passioni e le sue fantasie, sbizzarrendosi con tante ricette tipiche e tradizionali del suo paese e smuovendo con le sue prelibatezze, accuratamente preparate, i sentimenti delle persone. Anche semplicemente leggendo, alcuni profumi arrivano al lettore attraverso quelle pagine, come l’essenza delle rose pestate nel mortaio con qualche goccia di anice o i chicchi di cacao tostati e schiacciati per preparare una densa e golosa cioccolata calda.
Così anche molti personaggi, molto ben ritratti ed ognuno a suo modo, catturano l’attenzione del lettore: Tita e Pedro, i protagonisti, per il loro amore infinito, John per la sua estrema correttezza ed umiltà, Gertrudis per il suo coraggio e la sua audacia, Nacha e Chencha per la loro bontà d’animo, Mamma Elena una befana inacidita dalla vita per aver perso il suo grande amore. Ma resterò maggiormente legata a “Luce d’alba”, la nonna sciamana di John, con cui mi sarei piacevolmente intrattenuta maggiormente, insieme ai suoi riti e alla sua dolcezza d’animo.
Una storia da leggere, non l’ho trovata molto “piccante”; ricette non tutte semplici da realizzare ma, nella sezione dedicata, ve ne illustrerò alcune; effetti magici e soprannaturali che fanno storcere un po’ il muso ad un lettore più “realista” (e lo dico da sognatrice e visionaria) tanto da rendere la storia surreale in alcune scene.
Avrei preferito un finale un po’ diverso….fossi stata Tita avrei fatto scelte diverse….
Infine ho anche scoperto che dal libro è stato tratto il film “Come l’acqua per il cioccolato”.
Curiosi di vederlo? Ma non prima di leggere il libro!!!
Leggete la scheda e richiedetelo in prestito nella nostra biblioteca.
A voi il link della scheda libro
Un piccolo stralcio tratto dal libro, molto bello!
“Come vede, tutti abbiamo dentro di noi gli elementi necessari per produrre fosforo.
Ma c’è di più….
Mia nonna aveva una teoria molto interessante.
Diceva che, benché nasciamo con una scatola di cerini dentro di noi, non possiamo accenderli da soli, abbiamo bisogno, come nell’esperimento, di ossigeno e dell’aiuto di una candela. Solo che in questo caso l’ossigeno deve provenire per esempio dal fiato della persona amata; la candela può essere un tipo qualsiasi di cibo, di musica, di amore, di parola o di suono che faccia scattare il detonatore e accendere in tal modo uno dei fiammiferi.
Per un momento ci sentiremo abbagliati da un’intensa emozione. Si produrrà dentro di noi un piacevole calore che con il passare del tempo si andrà affievolendo, lentamente, finché non sopraggiungerà una nuova esplosione a ravvivarlo.
Ogni individuo deve scoprire quali sono i detonatori che lo fanno vivere, poiché è la combustione che si produce quando uno di essi si accende a nutrire di energia l’anima.
In altre parole, questa combustione è il nostro nutrimento. Se non scopriamo in tempo quali sono i nostri detonatori, la scatola di cerini si inumidisce e non potremo mai più accendere un solo fiammifero.”