Quattro novelle che hanno dei temi in comune di cui il principale è il viaggio (o gli spostamenti). Si va dalle invasioni barbariche a un viaggio semi-spaziale nell’ultimo racconto fantascientifico. Ma questi viaggi esteriori riflettono anche il viaggio interiore degli esseri umani che si interrogano sulla loro identità e sui loro desideri. Se il viaggio esteriore dovrebbe condurre a un luogo migliore in cui vivere, quello interiore è intrapreso per cercare di capirsi e vivere meglio con se stessi e ciò che ci circonda.
Il secondo tema è la ricerca della solitudine, ma allo stesso tempo il desiderio di compagnia umana.
Quattro racconti riuniti nel volume “Je vous écris d’un pays lointain” (Milano, Mondadori, 1971 – Premio Bagutta 1972 ), una raccolta fortemente connotata dalla simbologia del viaggio nel senso più ampio e ricco del termine. Arriva per ognuno di noi il momento di “partire”, di ricercare e di capire. Gli scrittori sono, in questo senso, dei viaggiatori privilegiati per due motivi: possono utilizzare il “veicolo scrittura” per intraprendere un viaggio esistenziale, possono spaziare pericolosamente dentro il perimetro della propria esperienza, dei propri ricordi, possono incontrare le proprie paure, toccare spavaldamente i confini oltre i quali c’è la perdita di sé per poi ritornare, utilizzando lo stesso veicolo, ad una realtà riabilitata e un poco più vicina alla desiderata “salvezza” (per chi, come me, crede nella funzione taumaturgica della scrittura). Ad un secondo livello, l’autore-viaggiatore diventa una guida che conduce per mano il lettore attraverso le sue mappe e mete spazio-temporali-mentali.