21 Set ULTIMA EDIZIONE TRECCANI
Venerdì 16 Settembre, in occasione della 23esima edizione del festival Pordenonelegge, l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani ha presentato in anteprima, con i direttori dell’opera Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, l’ultima edizione del vocabolario Treccani.
Il nuovo dizionario si colloca nella grande tradizione Treccani, ma è al tempo stesso anche un’edizione rinnovata e caratterizzata non solo da qualche aggiornamento ma da cambiamenti consistenti.
Il primo punto consiste nell’abbandono del cosiddetto vocabolariese, ovvero quel linguaggio che Della Valle definisce «criptico e poco amichevole». Sono state ridotte le abbreviazioni, eliminate le forme di cortocircuito lessicografico, cioè quel «meccanismo per cui un lettore o una lettrice cerca una parola, ma nella definizione trova una parola che non è chiara, perciò è costretto a cercare un’altra parola», dice Patota, sono state quindi inserite definizioni rigorose ma semplici di tutte le parole, comprese quelle di ambito tecnico scientifico. Il vero problema di un vocabolario – aggiunge Patota – non è cosa mettere, ma cosa togliere; con le voci tecniche si può arrivare a milioni di voci, abbiamo cercato quindi di conservare parole di varie discipline».
Tra le altre innovazioni, sono stati eliminati alcuni toscanismi, regionalismi e forme letterarie che non si utilizzano più e grande spazio è stato dato alla grammatica. Da una parte, sono state riscritte tutte le voci grammaticali, a memoria del fatto che la norma è mutevole e in costante discussione ed evoluzione; dall’altra molte voci si chiudono con altrettante note d’uso evidenziate in rosa, nelle quali sono risolti i dubbi grammaticali più comuni legati a una determinata parola: ad esempio, si può dire latte al plurale? Oppure la parola psicologo richiede l’articolo il o l’articolo lo? Oppure è meglio dire o scrivere vicino casa o vicino a casa. Si troverà, quindi, una risposta per ciascuno di questi dubbi.
Sono state eliminate le “parole fantasma” (salvo quelle utilizzate anche solo una volta da grandi autori come Dante, Leopardi, Petrarca) che nessuno ha mai pronunciato.
Infine, sono state inserite alcune parole testimoni della contemporaneità come Covid-19, lockdown, smart working, DAD, distanziamento sociale, lavoro agile, reddito di cittadinanza, rider, ecc.
La novità più importante, però, è che il Treccani sarà il primo vocabolario in Italia a inserire le forme femminili di nomi e aggettivi insieme a quelle maschili (in ordine alfabetico). Un cambiamento significativo cui segue l’eliminazione degli stereotipi di genere nelle definizioni e negli esempi, promuovendo la parità a partire dalla lingua: «Questo cambiamento – spiega Patota – ha a che fare con la storia linguistica e culturale, e speriamo altri seguano l’esempio e che si apra una riflessione sul perché le cose sono sempre andate in questo modo. Quando sentiamo dire che medica o sindaca non suonano bene dobbiamo chiederci perché. La risposta è che non siamo abituati a sentire quelle parole, ma se ci abituassimo, se fossimo spinti a lavorare in questa direzione, queste forme non susciterebbero più meraviglia».
Il cambiamento ha generato clamore mediatico, ma «non è un cambiamento rivoluzionario – dice Della Valle – noi abbiamo solo cercato di ristabilire un equilibrio tra i generi. . La scelta di farlo nasce da una convinzione e da una constatazione storica secondo la quale un genere era dominante solo in base a una convenzione. Le parole – conclude – non sono superflue, le parole sono pietre, sono importanti e quello che conta è la realtà, ma conta anche la lingua con cui si esprime la realtà e con cui ci si esprime; il nostro è perciò un tentativo di rendere la lingua inclusiva e non offensiva, attribuendo una dignità linguistica sempre rispettosa di tutte le differenze».