Le novelle del Decamerone di Giovanni Boccaccio sono, a tutti gli effetti, un classico della narrativa italiana. Specchio della vita umana, esse ritraggono, in modo ora comico e ora malinconico, ora grottesco e ora appassionato, una realtà che è quella di sempre, perciò è la realtà del mondo.
Piero Chiara, accostandosi al mondo del suo grande maestro, ha inteso fare da mediatore tra lo scrittore trecentesco e il giovane lettore di oggi.
I furbi e gli sciocchi, di fatto, esistono da sempre e gli infiniti casi della vita che caratterizzano la varie novelle di Boccaccio si propongono e si ripropongono, sempre identici e sempre diversi, un numero infinito di volte: così l’intelligenza avrà la meglio sulla stupidità, il buon senso vincerà sulla forza bruta, la cortesia e la nobiltà d’animo avranno sempre il loro premio.
Piero Chiara è entrato nel mondo di Boccaccio e lo ha rivissuto, attraverso il suo racconto, senza tradirlo, cioè senza nulla togliere e nulla aggiungere alla suggestione dell’originale. Così Ser Ciappelletto, Calandrino, Chichibío, Bruno, Buffalmacco, Federigo degli Alberighi, Monna Giovanna, Torello, Frate Cipolla e tutti gli altri personaggi boccacceschi balzano fuori vivi e veri dalle novelle che li hanno come protagonisti e intorno a loro si muove, vivo e vero, il mondo vario e variopinto della società medievale del tardo Medioevo, con i suoi ideali, i suoi limiti e le sua aspirazioni. Il tutto, in una lingua semplice e lineare, espressivamente ricca e gustosa.