01 Giu IL MANOSCRITTO INEDITO DI GIACOMO LEOPARDI
È di qualche mese fa la notizia del ritrovamento di un manoscritto, passato finora inosservato ed inedito, di un giovane Giacomo Leopardi, con ogni probabilità datato 1814: un documento che testimonia lo studio e l’amore del giovane Leopardi per la cultura classica.
Una grafia fitta, minuta, ordinata spicca su una pagina ingiallita dal tempo. La scrittura di Giacomo Leopardi torna a parlarci da remote lontananze, rivelandosi improvvisamente vicina e ancora contemporanea grazie a questa straordinaria scoperta che ci riconduce nell’universo “matto e disperatissimo” del giovane Leopardi.
Si tratta di un ‘quadernetto’ formato da quattro mezzi fogli, ripiegati nel mezzo in modo da ottenere otto facciate, su cui spicca una ricca lista di autori antichi (circa 160 i lemmi), ciascuno dei quali accompagnato da una serie di riferimenti numerici, oltre 550 nel complesso.
Il manoscritto è stato identificato dagli studiosi Marcello Andria e Paola Zito, che si occupano del fondo leopardiano, conservato nella Biblioteca Nazionale di Napoli, istituto che detiene i testi dell’autore dal 1907, tra cui anche “L’Infinito” e le pagine dello “Zibaldone“.
Lo stesso Marcello Andria, docente di Storia della bibliografia e metodologia bibliografica all’università di Salerno ci racconta: “A un certo punto, nel testo, abbiamo letto un riferimento a Giuliano l’Apostata che cita se stesso, e questa annotazione ci ha aperto un mondo, quella lista di autori antichi era riferita proprio all’Opera omnia di Giuliano imperatore, nell’edizione di Ezechiel Spanheim, apparsa a Lipsia nel 1696 e custodita nella biblioteca di Recanati ancora oggi. Leopardi è in quella fase della sua vita nel quale approfondisce fortemente la cultura classica, dotato di una curiosità erudita che nel 1813 lo aveva portato ad avviare da autodidatta lo studio del greco. Giacomo appena sedicenne, assiduo frequentatore della biblioteca paterna, realizza un accurato e capillare spoglio dell’Opera omnia di Giuliano l’Apostata che poteva consultare in casa, anche se non sappiamo cosa volesse farne: era solo uno studio oppure immaginava una pubblicazione dedicata a questa figura protagonista della tarda latinità e della tarda grecità?” .
Il volume Leopardi e Giuliano imperatore. Un appunto inedito dalle carte napoletane, curato da Andria e Zito è stato presentato a Napoli alla Biblioteca Nazionale il 3 maggio, con interventi di Maria Iannotti, Giulio Sodano, Francesco Piro, Rosa Giulio. L’inedito conferma l’importanza della raccolta leopardiana napoletana che si presenta sempre più completa, mettendo a disposizione degli studiosi un panorama integrale dell’opera di Giacomo Leopardi.
Ma perché gli autografi di Leopardi sono a Napoli e non a Recanati?
Alla morte di Leopardi i suoi autografi sono rimasti nelle mani del poeta napoletano e amico Antonio Ranieri che se ne è preso cura per oltre cinquant’anni e li ha poi lasciati in testamento alla Biblioteca Nazionale di Napoli.
Il prezioso archivio leopardiano è stato però protagonista di una controversia giudiziaria: nonostante le volontà dell’autore e il testamento fu prima espropriato dallo Stato nel 1897 e poi affidato alla Biblioteca Casanatense di Roma presieduta da Carducci e solo nel maggio del 1907 fu ufficialmente consegnato alla Biblioteca Nazionale di Napoli.
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