«Hannibal the Cannibal c’est moi?» Realismo e finzione nel romanzo noir italiano.
Pubblicato non come atti del convegno “Roma Noir 2008” (organizzato dall’Università La Sapienza e giunto ormai alla sua quinta edizione), ma come raccolta di scritti ad hoc che ne sviluppano i temi, il libro a cura di Elisabetta Mondello dà conto – con il taglio multidisciplinare che è la cifra delle giornate di studi romane dedicate al romanzo nero contemporaneo – delle discussioni e degli spunti della quarta edizione, tenutasi nel febbraio dello scorso anno e incentrata su uno dei temi più attuali del dibattito letterario nazionale: la tendenza della letteratura noir a dichiararsi come la più rappresentativa e insieme la più capace di restituire il mondo “reale” e contemporaneo ai lettori.
È vero o no, insomma, che oggi come oggi solo la letteratura cosiddetta di genere (e in particolare il genere a tinte più fosche) è in grado di descrivere il mondo contemporaneo?
Va detto che il volume non giunge a dare una risposta univoca, ma che i saggi qui raccolti danno un assaggio delle tendenze ed esplorano le possibilità “descrittive” del reale attraverso vari punti di vista: così, mentre Filippo La Porta si occupa del neonoir e va immediatamente in controtendenza rispetto alle premesse, affermando di voler difendere il genere dai suoi deliri di onnipotenza, Patrizia Bertini Malgarini e Ugo Vignuzzi ne esplorano la lingua, in una retrospettiva che parte, ça va sans dire, da Scerbanenco per arrivare a Carofiglio. Graziella Pagliano fa una carrellata dei migliori esempi di noir contemporaneo proclamandone la “verosimiglianza”, mentre Monica Cristina Storini esplora il realismo (partendo da Todorov) di Un giorno perfetto della Mazzucco; Maria Rosa Cutrufelli tenta di saltare a piè pari il problema rivendicando il confine labile che c’è tra finzione e realtà e sostenendo che “vere o inventate, abbiamo bisogno di storie”. Il volume si chiude con un intervento di Saverio Simonelli sul proliferare delle fiction TV incentrate sul delitto. In generale, la sensazione è che il convegno, e con esso il libro, non risolvano il problema che pongono. Che sia perché non è un problema?
Andrea Tarabbia