“E’ un fuoco vivo, quale non ho visto mai” dice Franz Kafka su Milena. Questa è la vita di Milena Jesenska raccontata dall’amica che la conobbe nel campo di concentramento di Ravensbruck.
Così Kafka descrive nelle sue lettere la personalità di Milena Jesenskà, la cui vita è mirabilmente riportata in questo libro. A raccontarci di lei è una sua compagna di sventura nel campo di concentramento di Ravensbruck. Questo libro è una toccante rievocazione delle sofferenze patite in luoghi così inumani, ma, nello stesso tempo, è la testimonianza di come sia possibile resistere, con coraggio e dignità, all’annientamento morale e fisico. Una volta conosciuta, Milena non si dimenticherà più..
“Nell’infermeria, le finestre dell’ufficio di Milena davano sulla piazza del campo. Seduta alla scrivania poteva vedere il grande cancello di ferro che ci divideva dalla liberà. In quella stanza lavoravano parecchie prigioniere. Ma c’era un angolo, quello di Milena, che recava la sua impronta personale. Sul tavolo c’era sempre un fiore infilato in qualsiasi recipiente che potesse assomigliare ad un vaso. Una scatoletta di cartone per le matite conteneva…un bottone di vetro sfaccettato. Quando splendeva il sole, vi apparivano magicamente riflessi i colori più belli dell’arcobaleno. Di così poco può accontentarsi un essere umano. Sulla parete accanto alla finestra c’era una fotografia di Praga e di fianco una riproduzione a colori, certamente ritagliata da un calendario delle SS, nella quale da una finestra spalancata si scorgeva in lontananza un paesaggio montano. Ma ciò che attirava me e Milena verso questa immagine era una tenda bianca leggermente gonfiata dal vento…Per chi ha nostalgia della libertà, basta un lembo di stoffa su una stupida immagine a riempire il cuore di commozione.”