Ha ragione il Professore. La verità non giova nè a chi la dice nè a chi l’ascolta. Gioverà, forse, a chi nascerà dopo. Ammesso che la verità non sia solo un’interpretazione differente della grossa menzogna che ci serve come scusa per non impazzire.
Sergio, trent’anni, lavora come tecnico specializzato per una grande azienda che distribuisce materiale chirurgico. Ha un ottimo stipendio, una bella macchina, una fidanzata. Un’anomalia, per l’Italia di oggi. La Rossa è un’estremista di sinistra e fa parte di un nucleo combattente che progetta l’omicidio di un importante professore di economia, collaboratore del governo, che vuole riformare il mercato del lavoro. Ma quando tutto sembra preordinato, stabilito e in via di realizzazione, gli equilibri iniziano a rompersi, la determinazione a vacillare. Sergio si licenzia, crolla sotto il peso degli ingombranti compromessi a cui il suo lavoro lo costringe. La Rossa esita, si chiede se la soluzione migliore per “fare la rivoluzione” sia davvero quella di eliminare un professore universitario che gira in bicicletta, per giunta senza scorta. Vinto e disoccupato, come diversivo alla sfibrante routine Sergio prende a frequentare con più assiduità il pub nel quale era solito sbronzarsi una sola volta a settimana, il venerdì, e su suggerimento di uno psicologo dal quale è stato trascinato dal padre, comincia a tenere un diario quotidiano. Scrive ma sorprendentemente una vecchia vena artistica che credeva estinta riprende vigore e le sue memorie emotive acquistano una strana piega narrativa. Inizia allora a narrare della crisi esistenziale di una donna, una combattente, alle prese con un dubbio di certo più grande di lei.