Una storia vera sconvolgente e angosciante ma assolutamente da conoscere.
Marzo 2014. Per comprendere il fenomeno dei giovani occidentali che si arruolano nelle file dello Stato Islamico, la giornalista francese Anna Erelle si crea una falsa identità online e finge di essere Mélodie, una musulmana che vuole abbracciare la Jihad. Viene così in contatto con Abu Bilel, un francese trasferitosi in Siria, braccio destro di Abu Bakr al-Baghdadi, califfo dello Stato Islamico. I due dialogano a lungo su Skype. Dopo meno di una settimana, Bilel chiede a Mélodie di sposarlo e di raggiungerlo in Siria.
25 aprile 2014 Anna/Mélodie parte per la Siria, decisa a raccogliere informazioni per il suo reportage. Ma non tutto va per il verso giusto…
Luglio 2014 Abu Bilel lancia una fatwa (condanna a morte per blasfemia) contro Anna Erelle. Questo il testo: “Fratelli del mondo intero, lancio la fatwa contro questo essere impuro che si è preso gioco dell’Onnipotente. Se la vedete, ovunque siate, rispettate le leggi islamiche e uccidetela. A condizione che la sua morte sia lenta e dolorosa. Chi si fa beffe dell’Islam ne pagherà le conseguenze col sangue. Essa è più impura di un cane, violentatela, lapidatela, finitela. Inshallah. Novembre 2014 Anna consegna il testo definitivo di “Nella testa di una jihadista” all’editore Robert Laffont.
7 gennaio 2015 Il mondo è sconvolto dai terribili attentati di Parigi.
8 gennaio 2015 “Nella testa di una jihadista” esce in Francia ed è immediatamente in testa alle classifiche e al centro del dibattito.
Oggi
Anna Erelle vive costantemente sotto scorta. Ha cambiato casa e identità. I giornali per cui scriveva le hanno vietato di parlare di terrorismo. Secondo i servizi di sicurezza francesi, Abu Bilel è ancora vivo.
Giovane reporter francese, Anna Erelle, ha indagato a fondo la «propaganda digitale» dello Stato Islamico e i metodi di reclutamento utilizzati dai jihadisti su Internet, la cosiddetta «Jihad 2.0». Nel corso delle sue ricerche è venuta in contatto con decine di giovani europee «reclutate» sui social network e dichiaratesi pronte a partire per la Siria. Per comprendere meglio il fenomeno e realizzare un reportage ha creato l’identità fittizia di «Mélodie».