Dieci poveri negretti
se ne andarono a mangiar;
uno fece indigestione,
solo nove ne restar.
Nove poveri negretti
fino a notte alta vegliar;
uno cadde addormentato,
otto soli ne restar.
Otto poveri negretti
se ne vanno a passeggiar;
uno, ahimè, è rimasto indietro,
solo sette ne restar.
Sette poveri negretti
legna andarono a spaccar;
un di lor s’infranse a mezzo,
e sei soli ne restar.
I sei poveri negretti
giocan con un alvear;
da una vespa uno fu punto,
solo cinque ne restar.
Cinque poveri negretti
un giudizio han da sbrigar;
un lo ferma il tribunale,
quattro soli ne restar.
Quattro poveri negretti
salpan verso l’alto mar:
uno un granchio se lo prende,
e tre soli ne restar.
I tre poveri negretti
allo zoo vollero andar;
uno l’orso ne abbrancò,
e due soli ne restar.
I due poveri negretti
stanno al sole per un po’;
un si fuse come cera
e uno solo ne restò.
Solo, il povero negretto
in un bosco se ne andò,
ad un pino s’impiccò,
e nessuno ne restò.
Dieci persone estranee l’una all’altra sono state invitate a soggiornare in una splendida villa a Nigger Island, senza sapere il nome del generoso ospite. Eppure, chi per curiosità, chi per bisogno, chi per opportunità, hanno accettato l’invito. E ora sono lì, su quell’isola che sorge dal mare, simile a una gigantesca testa, che fa rabbrividire soltanto a vederla. Non hanno trovato il padrone di casa ad aspettarli. Ma hanno trovato una poesia incorniciata e appesa sopra il caminetto di ciascuna camera. E una voce inumana e penetrante che li accusa di essere tutti assassini. Per gli ospiti intrappolati è l’inizio di un interminabile incubo. Con “Dieci piccoli indiani”, scritto nel 1939, Agatha Christie ha sfidato se stessa: dieci assassini, isolati, vittime a loro volta di un assassino invisibile.