ACCEDI | Telefono 0823 170 2800 | E-mail info@acasadilucia.org | CONTATTACI
A Casa di Lucia | Diana Vreeland: un’icona di stile ed eleganza.
36554
post-template-default,single,single-post,postid-36554,single-format-standard,theme-bridge,bridge-core-1.0.2,no-js,woocommerce-no-js,ajax_fade,page_not_loaded,,vertical_menu_enabled,qode-title-hidden,side_area_uncovered_from_content,transparent_content,columns-4,qode-theme-ver-18.0.4,qode-theme-bridge,disabled_footer_top,wpb-js-composer js-comp-ver-5.7,vc_responsive

Diana Vreeland: un’icona di stile ed eleganza.

“L’eleganza è innata e non ha niente a che fare con l’essere ben vestiti.”

 Diana Vreeland

 

Diana Vreeland è stata una figura rivoluzionaria nel mondo della moda. Ha avuto un ruolo di rilievo per la figura femminile del Novecento, un periodo che ha vissuto l’emancipazione delle donne e la contestazione giovanile.

Invidiata, ammirata, detestata, venerata, definita non bella – almeno secondo i canoni classici – ma dalla personalità fortissima e dal gusto indiscutibile, ha segnato, raccontato e cambiato irreversibilmente il patinato fashion system da un’angolazione del tutto rivoluzionaria, innovativa, geniale per il suo tempo e non solo.

Nata nel 1903 a Parigi, da padre britannico, Frederick Young Dalziel, e madre americana, Emily Key Hoffman, di facoltosa famiglia, Diana frequenta sin da giovane il jet set internazionale; considerata il brutto anatroccolo della famiglia in confronto alla bellissima sorella Alexandra, comprende subito, intelligente ed ambiziosa com’è, di poter puntare esclusivamente sulla sua personalità.

Nel 1924 sposa il banchiere Thomas Reed Vreeland, il più grande amore della sua vita, un uomo solido, pragmatico, il suo vero ago della bilancia, e si trasferisce a Londra, dove inizia la carriera nella moda aprendo un negozio di lingerie e conquistando l’attenzione di Wallis Simpson, futura Duchessa di Windsor.

Nella sua esclusiva boutique l’eccentrica Diana lascia libero spazio all’astrazione, al colore, alla forma e a tutta la sua immensa ed inesauribile creatività, all’insegna di uno dei suoi solenni diktat: “non bisogna mai aver paura di essere volgari, solo noiosi”.

Tornata nuovamente a New York nel 1937, durante una festa al St.Regis, mentre danzava in bianco Chanel e rose tra i capelli, viene notata da Carmel Snow, temutissima caporedattrice di Harper’s Bazaar che, entusiasta e stupita al tempo stesso dalla folle Diana, il mattino dopo le offre un lavoro. Nasce così la celeberrima e discussa rubrica “Why don’t you?”-“Perchè no?”– ideata dalla geniale DV che, con fare dissacratorio, caustico e stravagante, offre consigli e suggerimenti di moda, lifestyle e bellezza. Si tratta di battute taglienti e provocatorie, di boutades mordaci e surreali, di proposte argute ed impertinenti del tipo “perché non indossare la frutta come cappello?”, “perché non trasformate la vostra pelliccia d’ermellino in un accappatoio?”, “perché non lavate i capelli biondi di vostro figlio nello champagne per donargli dei riflessi dorati?” o ancora, in modo più lapidario, “l’eleganza è rifiutare”, “la maggiore volgarità è qualsiasi imitazione della giovinezza e della bellezza”, “i blue jeans sono la cosa più bella dopo la gondola”. La colonna ebbe un successo immediato e travolgente facendo ben presto di Diana un’icona indiscutibile di stile, un personaggio emblematico del cotè mondano newyorkese, un iconoclasta geniale ed aristocratica capace di infrangere le regole del bon ton risultando comunque sempre attuale e very stylish.

Nel 1962, dopo oltre venticinque anni nella redazione di Harper’s Bazaar, Diana Vreeland passa alla direzione di Vogue, dove dà libero spazio alla sua inesauribile verve creativa segnando l’evoluzione ed il nuovo sentire di un’intera epoca. È con lei che Vogue diventa un palcoscenico sul quale far vivere tutti i cambiamenti di moda e di stile, sul quale far muovere un nuovo tipo di donna, impeccabile e sicura, amante della moda e del buongusto, sempre alla ricerca di nuove fascinazioni e sofisticate ispirazioni.

DG reinventa l’immagine femminile, corteggia bellezze non convenzionali, lancia personaggi come Twiggy, Veruschka e Benedetta Barzini, crea tendenze, rinnova, in collaborazione con Richard Avedon, la fotografia di moda inserendo le modelle in set magici e suggestivi ed inaugurando un nuovo stile editoriale.

A fine anni ’60 fece fotografare la moltitudine dei giovani riuniti a Woodstock e considerò che ci fosse un rapporto tra quella scena e i dipinti “Un dimanche après-midi à l’ile de la Grande Jatte” di Seurat e “Déjeuner sur l’herbe” di Manet. Passato e presente fusi insieme per meglio capire e interpretare l’attualità. Diceva infatti: “Non c’è molta differenza tra il 1860 e oggi: ciò che è stato considerato un comportamento trasgressivo allora per un pittore come Manet è assai utile per comprendere ciò che succede oggigiorno“.

Clamorosamente licenziata da Vogue, nel 1971 le venne affidato l’incarico di curatrice dell’Istituto di Costume del Metropolitan Museum of Art.

Nel 1984 ultimò la sua autobiografia, “D.V.”

Eccentrica e visionaria, considerava l’abito un’espressione strettamente connessa alla personalità di chi lo indossava e il gioiello un accessorio importante per completare l’outfit. Per sé sceglieva abiti semplici cui dava personalità con gioielli vistosi e dal sapore esotico. Perché affermava: “Non bisogna mai aver paura di essere volgari, solo di essere noiosi“. E di certo i colori e gli accessori da lei scelti erano l’esatto contrario della noia.

Diana Vreeland fu una figura originale, creativa e audace: la gioventù era la sua ispirazione e la nuova donna era la sua lettrice più irriverente. Per la prima volta la moda veniva dalla strada, ma Diana Vreeland amava stare sempre un passo in avanti rispetto al pubblico. Prima della partenza dei redattori per i servizi di moda era solita affermare: “Esagerate e se non trovate quello che vi ho chiesto allora inventatelo”.

Sopra le righe, certa che “troppo buon gusto fosse noioso e che un pizzico di cattivo gusto serviva a dare un po’ di sapore”, Diana Vreeland odiava le convenzioni e le vecchie ideologie legate allo stile. Il cognome da nubile, Dalziel, in gaelico antico “Io oso”, dice tutto di lei.



× Ciao!