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A Casa di Lucia | “Il gigante egoista” di Oscar Wilde, una favola contemporanea
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“Il gigante egoista” di Oscar Wilde, una favola contemporanea

Ognuno di noi ha ritrovato se stesso in una fiaba, provando stupore, gioia, incredulità.

Le fiabe nascono proprio con l’intento di raccontare i sentimenti tingendoli di stupore e incredulità, senza svilirli o banalizzarli. Le fiabe veicolano un messaggio giocando sul dualismo bene/male, amore/separazione, perdersi/ritrovarsi, ma non smettono mai di regalare quel senso di sorpresa e sospensione che serve per divorarle dall’inizio alla fine. Nelle fiabe classiche ci sono caratteristiche particolari a renderle senza tempo, peculiarità che le lasciano ancorate ai nostri ricordi di bambini. Esse sono indeterminate, ovvero hanno epoca, luoghi e personaggi indefiniti; sono dense di inverosimiglianza, ovvero ruotano attorno a personaggi e fatti inverosimili nella realtà; sono altresì caratterizzate, come già accennato prima, da manicheismo morale, in una continua divisione in due; sono ripetitive, non lasciano nulla al caso e non manca l’apoteosi finale, il famoso lieto fine, quello che serve a veicolare correttamente il messaggio in esse contenuto.

Nel 1888 Oscar Wilde regala al pubblico una favola pienissima dei suoi connotati tipici prima evidenziati, ovvero “Il gigante egoista”, inserita nella raccolta “Il principe felice ed altri racconti”.

Tutti i bambini del paese, dopo la scuola, amavano giocare nel giardino della casa del gigante, il più bello del paese. Erano felici, festanti e l’amicizia regnava sovrana. Ma un giorno il gigante decise di tornare a casa e, tuonando con il suo forte vocione, cacciò tutti i bambini, vietando da quel momento ogni accesso al suo giardino. Fece erigere un muro alto e nessuno poté più entrarci. I giorni presero a passare, l’inverno lasciò spazio alla primavera ovunque tranne che nel giardino del gigante, dove freddo, vento, neve continuarono a regnare sovrani. Dopo tanti giorni, alcuni bambini trovarono il coraggio di entrare nel giardino e arrampicarsi sugli alberi, che felici delle loro risate e del loro amore, ripresero a fiorire; tutti tranne uno, quello in fondo al giardino sotto il quale c’era un bambino troppo piccolo per riuscire ad arrampicarsi. Come per magia il gigante provò molta tristezza per quel bambino e decise di aiutarlo. Quel gesto d’amore e di aiuto permise all’albero di fiorire. L’uomo comprese che i buoni sentimenti, l’aiuto e l’amore per l’altro erano la cura alla solitudine. Così decise di trascorrere le sue giornate a giocare con i bambini, eliminò ogni muro del giardino, ma il piccolo amico che aveva aiutato non riuscì più ad incontrarlo fino al suo ultimo giorno di vita, quando lo rivide sotto l’albero, lo aiutò a salirci, vi si sdraiò sotto e si addormentò per sempre.

Una fiaba dolcissima, perfetta sia per grandi che per piccini.

In un tempo complicato come il nostro, un tempo in cui i sentimenti sono sacrificati ed affaticati, ricordarsi dell’amore e dell’altro da noi è fondamentale. Oscar Wilde ce lo ricorda con estrema dolcezza e cura, dosando le parole, riempiendole di immagini, di intenzioni. Lo fa non estromettendo la morte dalla vita, anzi sottolineando che in essa si manifesta il compimento dei sentimenti. Guardare all’altro, aprirsi all’altro imparando che il nemico è solo un’invenzione che fa da schermo alle paure è il più bell’insegnamento che questa favola dona.



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