27 Dic Il cenone di Natale: un ricordo d’infanzia
Il pensiero della famiglia riunita nelle serate natalizie è un qualcosa che riscalda anche senza la presenza di un camino acceso. Il Natale, d’altronde, è per eccellenza il momento in cui ci si sente attratti verso il proprio nucleo familiare, qualunque sia la scelta che si è compiuta nella propria vita. E in questo nido protetto e sicuro ricreare quella tradizionale convivialità che si trasforma quasi in un rituale.
Ogni famiglia ha il suo, ognuno importante, ognuno speciale.
Quando ero bambina il cenone della vigilia iniziava con mio zio che, nel freddo catanese, rientrava dal lavoro con le crispelle di riso: bontà fritte alla ricotta o con le acciughe che scomparivano in un batter d’occhio, lasciandoci con le dita unte e le pance calde e stuzzicate da questo antipasto a buffet.
Arrivava poi mia zia con le tipiche scacciate catanesi, una sorta di pizze ripiene: ancora ricordo il sapore della tuma filante che creava ponti su cui far camminare omini fatti con le dita, mentre gli adulti ci rimproverano perché “non si gioca con il cibo”. Ma al tavolo dei bambini il gioco regnava sovrano, nell’attesa che montava.
E poi arrivavano i cavolfiori affogati, dopo la lenta cottura iniziata fin dal mattino presto, e questo “leggero contorno” intervallava i vari rustici, fino all’ingresso della frutta, soprattutto mandarini e arance della Conca d’Oro, per poi chiudere con i dolci: un variegato cabaret di paste (babà, cannoli, bignè di tutti i gusti) e l’immancabile fetta di panettone o pandoro. Beh, “chiudere” sarebbe un parolone, perché si sparecchiava tutto per far entrare trionfalmente le carte e la frutta secca, la cosiddetta “calia”: semi di zucca, noci, arachidi, un continuo scrocchiare tra gusci che saltavano e voci che si sovrastavano. Il cenone insomma non aveva un vero inizio né tantomeno una vera fine. Ci si stringeva nei tavoli, si mangiava tanto e si rideva ancora di più, con gli adulti esausti e i bambini pieni di energia, in un gioco di proporzioni inverse che avvicinandosi alla mezzanotte vedevano ribaltarsi i ruoli, con gli adulti tra calia e brindisi ringalluzziti, e le ultime fette di dolci che giravano tra noi piccoli sempre più spenti, che crollavamo sui divani aperti in letti affollati. Perché il cenone per noi a quel punto era davvero giunto al termine, o Babbo Natale non sarebbe passato.
Da quando ho lasciato la mia Sicilia per l’Emilia, tutto sembra avvolto nella nebbia: non sono più la bambina di allora, e sto qui a chiedermi se fosse davvero quella che ricordo la tradizione della mia famiglia. Ma forse la verità è che la verità storica di questi cenoni non importa: ciò che importa è proprio il rituale in sé, da ricreare sempre uguale seppur diverso, per tramandare in quei sapori il calore della famiglia e trovare in essa radici e ali e mille più notti di Natale da vivere.
Cliccando sui link sotto potete ripercorrere tutto il fil rouge che abbiamo dedicato al Natale in famiglia, tra tradizioni che cambiano, bambini e festeggiamenti casalinghi:
https://www.acasadilucia.org/2024/12/23/i-libri-dedicati-al-natale-per-i-piccoli-lettori/