A Casa di Lucia | UN VIAGGIO NEL DONO FINO AL CARCERE DI PADOVA
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UN VIAGGIO NEL DONO FINO AL CARCERE DI PADOVA

Mancano poco più di una manciata di giorni a Natale e come mia abitudine ancora non ho comprato un solo regalo, sotto l’albero non ho ancora alcun dono. Riflettevo pertanto questa mattina su cosa regalare alle persone a me più care, di cosa potessero avere più necessità e sul concetto stesso di dono. Non che la mattina filosofeggi su ogni cosa che mi appresti a fare ma, di tanto in tanto, l’arietina estremamente zelante che è in me emerge, finendo per farne le spese i miei lettori con i miei articoli.

Così, dicevo, mi chiedevo: che cos’è il dono?

Se apriamo un dizionario della lingua italiana alla voce “dono” possiamo leggere “quanto viene dato per pura liberalità, o per concessione disinteressata o per abnegazione“.

Se invece cerchiamo di rifarci a concetti meramente religiosi, il Cristianesimo ad esempio nella Bibbia afferma che all’origine di ogni dono sia  necessario riconoscere un’iniziativa divina: «Ogni dono valido… discende dal Padre degli astri» (Giac 1, 17; cfr. Tob 4,19); e ancora sui doni reciproci viene affermato invece che il dono è per lo più il dono tra individui, famiglie o popoli. Donando, si manifesta la hesed, quella benevolenza e beneficenza mutue, che sono la regola tra alleati e amici. «Colui che accetta il dono, accetta l’alleanza e viene interdetto ogni atteggiamento ostile»  (Gen 32, 14; Gios 9). Quindi secondo le Sacre Scritture donando vengono sostanzialmente annullate le ostilità, viene raggiunta una mutua alleanza attraverso lo scambio di un oggetto. E qui, a questo punto della riflessione mattutina, mi sono chiesta se ci fosse altro da dire, se potesse essere “solo” questo l’atto del donare. Così, curiosando tra alcuni libri, sono riuscita a  scovare un saggio di un celebre studioso di antropologia culturale nonché padre della sociologia moderna, Marcell Mauss, il quale studiò a fondo il concetto di dono arrivando a prefigurarne addirittura un’anima insita all’interno di esso.

Penserete voi: quante dissertazioni sul donare, su di un qualcosa che sin da quando si è bambini viene fatto in modo assolutamente spontaneo. In realtà il dono, a parer mio e a quanto pare anche a parere di qualche studioso, non è affatto un affare semplice da poter liquidare all’interno di una busta regalo accompagnato da un sorriso di cortesia.

Mauss nel suo “Saggio sul dono” affermò che donare significa instaurare un doppio rapporto tra colui che accetta e colui che dona, tra donatario e donatore. Donare significa condividere volontariamente ciò che si ha e ciò che si è. Un dono forzato pertanto non è un dono, in quanto solo il dono volontario avvicina colui che dona a colui che riceve e allo stesso tempo crea presso colui che accetta un debito, degli obblighi. 

Perchè si è obbligati a ricambiare? Per ragioni sociali senza dubbio ma, secondo Mauss, anche perché nell’oggetto donato esiste una sorta di anima che lega l’oggetto a colui che lo ha donato.

Fa oltretutto riferimento alla hau, un concetto che per i Maori della Nuova Zelanda esprime un’essenza vitale insita negli esseri umani. I doni dunque conservano una forza trasmessa dalla persona che li fa. Questo perché sono una sorta di prolungamento degli individui, che si identificano nelle cose che possiedono e che scambiano.

Sono giunta in questo modo alla conclusione che, quando dovrò acquistare i regali di Natale, quando regalerò qualcosa a qualcuno, compirò o quantomeno dovrei compiere anche un atto personalizzato. Regalerò, probabilmente, qualcosa che mi piace, ma tenendo presenti i gusti e le caratteristiche del destinatario. Pertanto, in quel dono ci sarà qualcosa di me, di noi e qualcosa di chi lo riceverà, perché gli oggetti sono ricettacoli di identità. 

Leggendo poi notizie in merito al donare, ho scoperto anche di un’ottima iniziativa da parte dei responsabili della Cooperativa Giotto, azienda che da molti anni si occupa di lavoro nelle carceri, come a Padova, dove ogni anno donano dolci d’ogni genere, biscotteria classica e cioccolatini, ma anche colombe di Pasqua e panettoni. In questo modo i detenuti sono riusciti a darsi una seconda possibilità, soprattutto nello spirito: hanno appreso un mestiere, ne hanno carpito i segreti e si sono poi trasformati in pasticceri sapienti. In alcuni casi questa specializzazione è stata fondamentale per ricominciare una vita dopo aver espiato la pena. Insomma la Cooperativa ha dato una possibilità ai detenuti, ha donato loro una speranza trasformandola in dolci da poter essere donati  a loro volta a persone di ogni tipo, trasmettendo loro ciò che sono: uomini rinnovati, rinati una seconda volta.

Un esempio di come la catena del dono, nella sua accezione più vera, arricchisca tanto chi riceve quanto chi dà, in un cerchio in cui tutto torna: dalla nostra capacità di dar loro nuove possibilità al loro dolce ringraziamento, speranza tangibile di un domani diverso, chissà forse migliore.

 

Cliccando sui link sotto potete ripercorrere tutto il fil rouge che abbiamo dedicato al Natale puntando l’attenzione sul dono e sul donare:

https://www.acasadilucia.org/2024/12/08/il-viaggio-di-san-nicola-come-un-santo-divenne-babbo-natale/

https://www.acasadilucia.org/2024/12/09/lettere-da-babbo-natale/

https://www.acasadilucia.org/2024/12/13/la-nocciolella-regalando-tempo-e-dolcezza/



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