08 Nov PIRANDELLO, PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA
“Pirandello, uno scrittore innovativo, dirompente, geniale ed ironico, un autore senza confini e senza tempo che ha sovvertito lo spazio teatrale dando vita al teatro nel teatro. Pirandello trasse dalla sua terra gran parte della sua ispirazione, fu lì che riuscì a ‘raccontare’, con un’assoluta capacità, la solitudine, e l’incomunicabilità, il relativismo e l’impossibilità di conoscere la verità, il rapporto tra finzione, apparenza e realtà, tra maschere e volto”.
Francesco Miccichè, sindaco di Agrigento.
Era l’8 novembre 1934 quando l’Accademia di Svezia conferì allo scrittore e drammaturgo siciliano Luigi Pirandello, il Premio Nobel per la letteratura: “Per il suo ardito e ingegnoso rinnovamento dell’arte drammatica e teatrale”.
Un omaggio prestigioso che premiava dunque l’innovazione delle sue opere, dalla genialità dell’intreccio romanzesco de Il fu Mattia Pascal , attraverso il quale seppe narrare la crisi identitaria e la scissione dell’Io, sino alla raffinata riflessione meta-teatrale contenuta in Sei personaggi in cerca di autore.
Il 9 novembre 1934 Luigi Pirandello ricevette il telegramma con cui Per Hallström, segretario permanente dell’Accademia di Svezia, gli comunicava l’avvenuta assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura.
La sua casa di Roma in via Antonio Bosio, fu invasa quello stesso giorno, racconta Gaspare Giudice nella sua biografia, da giornalisti e fotografi, e lo scrittore dovette adattarsi e mettersi in posa curvo sulla sua macchina da scrivere e batté su un foglio una sola ripetuta esclamazione: «pagliacciate! pagliacciate!…»
Era un modo tipicamente pirandelliano di burlare se stesso e il rituale delle interviste, a cui spesso consentiva o doveva consentire, come è ovvio “Quando si è qualcuno.”
Quindi, senza sottrarsi agli obblighi della notorietà, nascose con uno scherzo il disagio della sua esibizione, lasciando il foglio dattiloscritto a futura memoria.
Dopotutto Pirandello era un artista che faceva dell’ironia il proprio pane quotidiano. La vita per lui era qualcosa di assurdo e tragico e l’ironia era uno dei pochi modi per sopravvivere a questa.
Durante la cerimonia di premiazione, il 10 dicembre di quello stesso anno, Luigi Pirandello non pronunciò alcun discorso ufficiale. Si limitò a fare un inchino di circostanza e a ritirare il premio dalle mani del Re, per poi tornare a sedersi al suo posto nell’imbarazzo generale di un silenzio totale.
Quale fu il motivo di quel silenzio? Secondo un’attenta analisi di Andrea Camilleri, grande ammiratore dell’opera pirandelliana, lo scrittore decise di non pronunciare alcuna parola per motivi politici.
Tenere un discorso al Nobel, nel 1934, significava fare un encomio al fascismo e Pirandello si rifiutò di elogiare Mussolini e i suoi seguaci prendendo, attraverso il silenzio, le distanze da una situazione politica che non voleva in alcun modo condividere.
Ma non intendeva, né poteva, certo, beffarsi di un prestigioso riconoscimento. Alla vita, prima che all’arte, Pirandello riconduce le sue più profonde motivazioni di scrittore e nel corso del banchetto dichiarò: “Sono stato un buon allievo; un buon allievo non a scuola, ma nella vita. L’attenzione costante e la sincerità assoluta con cui ho imparato e meditato questa lezione hanno palesato un’umiltà, un amore e un rispetto della vita indispensabili per assorbire delusioni amare, esperienze dolorose, ferite terribili, e tutti gli errori dell’innocenza che donano profondità e valore alle nostre esistenze. Tale educazione della mente, conquistata a caro prezzo, mi ha permesso di crescere e, nel contempo, di rimanere me stesso. Evolvendosi, il mio talento più vero mi ha reso del tutto incapace di vivere, come si conviene a un vero artista, capace soltanto di pensieri e di sentimenti: pensieri perché sentivo, e sentimenti perché pensavo. Di fatto, nell’illusione di creare me stesso, ho creato solo quello che sentivo e che riuscivo a credere. Provo gratitudine infinita, gioia, orgoglio al pensiero che questa creazione sia stata ritenuta degna del premio prestigioso con il quale mi onorate. Mi piacerebbe credere che questo premio sia stato conferito non tanto alla perizia dello scrittore, che è sempre irrilevante, quanto alla sincerità umana del mio lavoro.”
I temi centrali della poetica pirandelliana sono diversi: l’incomunicabilità, l’impossibilità di conoscere la verità, l’identità, le angosce, la morte, il dramma dell’individuo per una vita che non gli appartiene, perché preda delle convenzioni della vita sociale e delle consuetudini. E’ per queste tematiche esistenziali che ancora oggi l’opera pirandelliana rimane di una modernità sconcertante.
Pirandello aveva più volte ricordato in pubblico e in privato: «La vita o si vive o si scrive». Avrebbe potuto affermare lo stesso per la sua scelta politica, dalla quale la sua opera esce indenne e semmai forte di umorismo disgregante.
Per approfondire le origini e la storia del premio Nobel per la Letteratura vi basterà seguire il link:
https://www.acasadilucia.org/2022/04/22/premio-nobel-per-la-letteratura/