06 Nov MURI FUORI E MURI DENTRO
“Se alzi un muro, pensa a cosa lasci fuori”(Il Barone rampante – Italo Calvino)
Negli anni Novanta molti ricercatori prevedevano entro la fine del ventesimo secolo un mondo senza confini soggetto al processo di globalizzazione. “Quasi due decenni dopo si può affermare che questa visione è pura fantasia”, afferma Anna Kotasiyska, ricercatrice della Facoltà di Scienze Sociali dell’Università di Breslavia (Polonia).
Tornando un po’ indietro nel tempo, ricorderemo sicuramene il muro più famoso, quello di Berlino che fu abbattuto il 9 novembre 1989. Era una barriera alta quasi 4 metri e lunga oltre un centinaio di chilometri, costruita alla fine della Seconda guerra mondiale per dividere in due la città e separare due “mondi”: da una parte la zona controllata dalle forze occidentali (Stati Uniti, Francia e Regno Unito) dall’altra quella controllata dall’ex Unione Sovietica.
In quegli anni, nel mondo, si contavano sei barriere divisorie, oggi ci sono almeno 63 muri lungo i confini o nei territori occupati in tutto il mondo. La loro lunghezza varia da alcune centinaia di metri a migliaia di chilometri.
Barriere divisorie costruite per motivi di sicurezza e sorveglianza, per respingere i migranti, per impedire presunte infiltrazioni terroristiche, per arginare il traffico di droga, cercare di chiudere contenziosi territoriali, separare gli appartenenti a fedi religiose diverse, marcare la linea del cessate il fuoco di una guerra. Anche se poi “finiscono per ridurre i diritti degli esseri umani, per controllarli, canalizzarli, ostacolarli”, come scrisse nel 2019 Raffaele Crocco, l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e conduttore del Tgr RAI di Trento.
Per fortuna esistono anche muri che non sono fatti per dividere: ad esempio sul “Before I die wall” (un muro artistico diffuso in diverse città del mondo e creato per la prima volta a New Orleans) ognuno può scrivere cosa vorrebbe fare prima di morire. A Londra, invece, si può visitare il Wal of Heroes che risale al 1900 e ricorda gli eroi che hanno dato la propria vita per gli altri.
Ma ci sono dei muri che si abbattono ancora più difficilmente e non son formati da mattoni ma bensì dalle nostre paure, difese, antipatie, pregiudizi, violenza e persino odio. Sono i nostri muri personali, le nostre barriere di difesa. Queste mura ci proteggono da ciò che sentiamo: la nostra vulnerabilità, la nostra fragilità, le nostre ferite. Ma, come ci proteggono, ci bloccano, ci impediscono di comunicare tra noi e noi stessi. Questi muri sono l’espressione delle nostre ferite e devono ricordarci ciò che è più vivo e bello in noi. Nella crescita, spetta a noi far crollare i muri che impediscono la vita. E’ una questione di fiducia. Il nemico che ferisce di più è quello che ci impedisce di prosperare, di esistere, di vivere. Siamo noi stessi, senza dubbio quella parte che non sopportiamo e decidiamo di imprigionare, di far scomparire, che vogliamo evitare di incontrare. La parte che non vogliamo vedere, insopportabile per noi. A volte basterebbe specchiarsi nell’altro che, per riflesso, ci dice chi siamo e chi non siamo.
L’introspezione è utile ad aprire le nostre barriere, a creare una prima rottura all’interno di questa muraglia.
Alfred de Vigny ha scritto “Ogni uomo ha visto il muro che limita il suo spirito”. Spetta a noi non erigere troppi muri contro la nostra umanità.