04 Nov PIER PAOLO PASOLINI
«E io ritardatario sulla morte, in anticipo sulla vita vera, bevo l’incubo della luce come un vino smagliante.»
Oggi parleremo di un grande scrittore contemporaneo: Pier Paolo Pasolini.
Spesso quanto si parla di Pasolini l’attenzione si incentra sulla sua morte, sulla notte del 2 novembre 1975, sulle modalità violente del delitto e la ricerca delle ragioni, se politiche, delinquenziali o addirittura passionali.
Tuttavia, Pier Paolo Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922) è stato molto di più di un semplice caso di cronaca nera.
Benché non sia un autore che io ami particolarmente, è considerato tra i più grandi artisti e intellettuali del XX secolo.
Pasolini aveva una cultura molto versatile ed eclettica. Nasce negli anni ‘20, cresce e studia in epoca fascista prima (con gli amici, l’immagine da offrire era sempre quella del “noi siamo virili e guerrieri“, contrariamente a quanto la sua vera indole rivelerà in seguito), se ne dissocia poi, anche grazie all’amicizia con l’intellettuale ebrea Giovanna Bemporad, avvicinandosi al marxismo e comunismo da cui pure prenderà le distanze a causa della sua omosessualità (ma pur sempre rimanendovi profondamente legato a livello ideologico).
È impossibile conoscere Pasolini attraverso una sola opera, considerata sia la sua versatilità (è stato anche pittore, filosofo, romanziere, linguista, traduttore e saggista) che la continua evoluzione del suo pensiero e della sua tecnica di comunicazione, approdata anche alla filmografia (avvenimento casuale dovuto alla necessità di far fronte alle ristrettezze economiche in cui versava nei primi anni ‘50, a causa della perdita di lavoro di insegnante), nell’ambito della quale è diventato un vero punto di riferimento, venendo indicato come creatore del secondo Neorealismo.
Non solo. Pasolini ha sollecitato una particolare attenzione al dialetto, in primis la lingua friulana, fondando il felibrismo regionale, e ricevendo premi e riconoscimenti letterari. La sua attenzione per il dialetto non si è fermata alla promozione della lingua friulana ma è conclamata dalla conoscenza, nel ’51, di un giovane imbianchino, Sergio Citti, che lo avrebbe aiutato ad apprendere il gergo romanesco, costituendo, come ebbe a dire lui stesso, il suo “dizionario vivente“.
Per l’importanza della sua poesia, il critico statunitense Harold Bloom lo ha inserito tra gli scrittori che compongono il Canone Occidentale.
Ogni cosa è stata fatta a livello eccellente e ha avuto una produzione assolutamente immensa. Ho provato a tracciare un elenco delle sue opere che spaziano nei settori più svariati, dalla poesia alla narrativa dalla saggistica alla filmografia oltre a tutto ciò che ha prodotto a livello teatrale, traduzioni dal francese, dal latino, dal greco e poi pittura, interviste, redazioni giornalistiche e la radio.
Pasolini ebbe una vita complicata: di origini nobili fu costretto a numerosi trasferimenti a causa dei debiti di gioco del padre, tuttavia, trovò sempre rifugio nella letteratura e nella poesia e in particolare nel paesino di Casarsa, dai cui paesaggi assolati e dalla cui popolazione ha tratto linfa vitale per molti dei suoi racconti e sceneggiature.
È stato un osservatore dei cambiamenti della società italiana dal secondo dopoguerra sino alla metà degli anni settanta, nonché una figura molto controversa. Suscitò spesso forti polemiche e accesi dibattiti per la radicalità dei suoi giudizi, assai critici nei riguardi delle abitudini borghesi e della nascente società dei consumi, come anche nei confronti del Sessantotto e dei suoi protagonisti, ponendosi spesso nel ruolo dell’intellettuale ‘contro’.
Ciò che tuttavia ha caratterizzato la sua vita, la sua opera e, secondo molti, la sua morte è stato il suo rapporto con la propria omosessualità che fu al centro del suo personaggio pubblico, soprattutto in considerazione del periodo in cui ha trattato l’argomento senza ricorrere a filtri e sovrastrutture ‘politicalmente corrette’.
Proprio per tale ragione, nel corso della sua vita, Pasolini ricevette 24 denunce e/o querele.
A luglio del 1955 si tenne a Milano il processo contro “Ragazzi di vita” che terminerà con una sentenza di assoluzione con “formula piena”, grazie anche alle testimonianze di Pietro Bianchi e Carlo Bo, che aveva dichiarato come il libro fosse ricco di valori religiosi “perché spinge alla pietà verso i poveri e i diseredati” e non contenente oscenità perché “i dialoghi sono dialoghi di ragazzi e l’autore ha sentito la necessità di rappresentarli così come in realtà“, e di Giuseppe Ungaretti, che inviò una lettera firmata ai magistrati che si occupavano del caso “Ragazzi di vita” dicendo loro che si trattava di un abbaglio clamoroso perché il romanzo di Pasolini era semplicemente la cosa più bella che si poteva leggere in quegli anni.
Nel 1962 una sua ricostruzione cinematografica della Passione di Cristo, “La ricotta”, verrà sequestrata lo stesso giorno della sua uscita con l’accusa di “vilipendio alla religione di Stato”. Il processo condannò Pasolini a quattro mesi di reclusione per essere “colpevole del delitto ascrittogli”, il film venne sequestrato fino al dicembre dello stesso anno, quando tornò sugli schermi con modifiche del sonoro e alcuni tagli. Scriverà Alberto Moravia: “L’accusa era quella di vilipendio alla religione. Molto più giusto sarebbe stato incolpare il regista di aver vilipeso i valori della piccola e media borghesia italiana”.
Pasolini si dichiarava razionalmente ateo e anticlericale ma:
« […] io so che in me ci sono duemila anni di cristianesimo: io con i miei avi ho costruito le chiese romaniche, e poi le chiese gotiche, e poi le chiese barocche: esse sono nel mio patrimonio, nel contenuto e nello stile.».
Successivamente, fu la volta del “Decameron” , in parte registrato a Casertavecchia (CE), che ottenne l’Orso d’Argento e più di 30 denunce in tutta Italia! Dichiarerà in seguito:
«L’Italia è un paese che diventa sempre più stupido e ignorante. Vi si coltivano retoriche sempre più insopportabili. Non c’è del resto conformismo peggiore di quello di sinistra, soprattutto naturalmente quando viene fatto proprio anche dalla destra.»
«Contro tutto questo voi non dovete fare altro (io credo) che continuare semplicemente a essere voi stessi: il che significa essere continuamente irriconoscibili. Dimenticare subito i grandi successi: e continuare imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare.»
Chissà… forse proprio questo suo essere contro, forse il suo avere espresso senza mezzi termini il suo pensiero, o forse l’avere vissuto fino all’estremo le sue idee e le sue emozioni, mettendo in pericolo la sua stessa vita… o forse il suo essere personaggio pubblico, politico, ideologico, amato e scomodo al tempo stesso, hanno caratterizzato sia l’inizio che la sua fine, decretata, per uno strano scherzo del destino, da “un ragazzo di vita”, il diciassettenne Pino Pelosi, che con la sua mano (nessuno saprà mai se aiutata da uno o più complici né per quale vera ragione politica o morale) ha interrotto il suo viaggio.
Proprio per questo, ho scelto di concludere come ho iniziato, con una riflessione su questa morte rimasta avvolta nel mistero, questa volta non con il suo epitaffio personale, ma con quello affranto di Alberto Moravia.
“Qualsiasi società sarebbe stata contenta di avere Pasolini tra le sue file. Abbiamo perso prima di tutto un poeta. E poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro soltanto in un secolo (applausi). Quando sarà finito questo secolo, Pasolini sarà tra i pochissimi che conteranno come poeta. Il poeta dovrebbe esser sacro.
Poi abbiamo perduto anche un romanziere. Il romanziere delle borgate, il romanziere dei ragazzi di vita, della vita violenta. Un romanziere che aveva scritto due romanzi anch’essi esemplari, nei quali, accanto a un’osservazione molto realistica, c’erano delle soluzioni linguistiche, delle soluzioni, diciamo così, tra il dialetto e la lingua italiana che erano anch’esse stranamente nuove.
Poi abbiamo perso un regista che tutti conoscono, no? Pasolini fu la lezione dei giapponesi, fu la lezione del cinema migliore europeo. Ha fatto poi una serie di film alcuni dei quali sono così ispirati a quel suo realismo che io chiamo romanico, cioè un realismo arcaico, un realismo gentile e al tempo stesso misterioso. Altri ispirati ai miti, il mito di Edipo per esempio. Poi ancora al grande suo mito, il mito del sottoproletariato, il quale era portatore, secondo Pasolini, e questo l’ha spiegato in tutti i suoi film e i suoi romanzi, era portatore di un’umiltà che potrebbe riportare a una palingenesi del mondo. […]
Infine, abbiamo perduto un saggista. Vorrei dire due parole particolari su questo saggista. Ora il saggista era anche quello una nuova attività, e a cosa corrispondeva questa nuova attività? Corrispondeva al suo interesse civico e qui si viene a un altro aspetto di Pasolini. Benché fosse uno scrittore con dei fermenti decadentistici, benché fosse estremamente raffinato e manieristico, tuttavia aveva un’attenzione per i problemi sociali del suo paese, per lo sviluppo di questo paese. Un’attenzione diciamolo pure patriottica che pochi hanno avuto. Tutto questo l’Italia l’ha perduto, ha perduto un uomo prezioso che era nel fiore degli anni. Ora io dico: quest’immagine che mi perseguita, di Pasolini che fugge a piedi, è inseguito da qualche cosa che non ha volto e che è quello che l’ha ucciso, è un’immagine emblematica di questo Paese. Cioè un’immagine che deve spingerci a migliorare questo Paese come Pasolini stesso avrebbe voluto.”