30 Ott HALLOWEEN IERI E OGGI…
Halloween ieri…
Spesso si afferma che la festa di Halloween è una tradizione americana importata in Europa per puri scopi commerciali. In realtà è proprio il contrario, la tradizione autunnale di riti per i defunti nasce in Europa.
Andiamo indietro di un po’ di secoli e arriviamo nell’antica Roma, dove c’erano vari giorni durante l’anno dedicati ai defunti, in particolare il 24 agosto e il 5 e l’8 novembre. In queste date nel tempio di Cerere veniva aperta una fossa, il “Mundus patet” (cioè “mondo aperto”), che metteva in comunicazione il mondo dei vivi con quello dei morti e dalla quale i defunti potevano uscire e aggirarsi liberamente tra i vivi.
Tale fossa poteva altresì risucchiare i vivi, quindi in quelle date bisognava fare molta attenzione e sospendere tutte le attività non strettamente necessarie. Le porte dei templi rimanevano chiuse, le attività militari sospese, erano proibiti i matrimoni e i lupanares chiudevano.
Il 29 ottobre si celebrava il dio Vertumno, antica divinità etrusca che presiedeva al cambio stagionale, figlio della Grande madre Natura che moriva e risorgeva ogni anno quando si assopiva in autunno, moriva in inverno e risorgeva in primavera.
Nello stesso periodo in area celtica si celebrava la festa di Samhain (o “fine dell’estate”) alla fine di ottobre. Secondo i Celti, dediti per lo più alla pastorizia, dopo aver riparato gli armenti nelle stalle per l’inverno la stagione chiara e calda, cioè l’estate, “moriva” e iniziava la stagione buia e fredda, l’inverno.
Nelle celebrazioni celtiche si festeggiavano gli antenati ma anche spiriti ultraterreni che popolavano le leggende, streghe, folletti, fate e così via.
È molto probabile che gli scambi commerciali e culturali tra Romani e Celti abbiano portato alla contaminazione dei rituali degli uni e degli altri.
Con l’avvento della religione cristiana si tentò in tutti i modi di cancellare i riti pagani dedicati ai defunti, ma a livello popolare questi tentativi non ebbero mai successo fino a che nell’anno 738 Papa Gregorio III fece spostare la festa cristiana di Ognissanti dal 13 maggio al 1 di novembre, sovrapponendo così il culto cristiano su quello pagano.
L’operazione riuscì a metà in quanto, se da una parte si instaurò la visita ai cimiteri in quei giorni e le preghiere per i defunti, dall’altra i travestimenti, le rape intagliate, i lumini alle finestre e molto di più rimasero come tradizione popolare.
L’origine romana, quella celtica e poi quella cristiana hanno la loro radice nello stretto legame tra realtà umana e il trasformarsi delle stagioni. Dopo il fulgore estivo, il frenetico lavoro nei campi e sui pascoli e la natura in esplosione, l’accorciarsi delle giornate, le temperature più fredde e le notti più lunghe suggerivano il rientrare alle proprie abitazioni, dunque al chiuso e al sicuro, così da preparare gli abiti invernali, riparare gli attrezzi usati durante l’estate, ricaricare le energie in attesa della stagione calda che ne avrebbe di nuovo richieste molte, proprio come l’energia della natura che dopo essere stata prepotentemente all’aperto per tutta l’estate, “entrava nella terra” e lì fecondava e proteggeva i semi che sarebbero sbocciati col ritorno della luce e della stagione calda.
Adesso c’era tempo per raccontare leggende, per ricordare i defunti, per riflettere sulla vita e sulla morte. Non a caso il segno zodiacale che va dal 21 ottobre al 20 novembre è lo Scorpione, il segno del profondo, del nascosto, governato da Plutone il dio del mondo infero.
In tutta Italia, da nord a sud, le tradizioni riguardanti il passaggio dei defunti dal “mondo altro” al nostro erano numerosissime.
Si andava dal lasciare un catino d’acqua sul tavolo perché i defunti potessero abbeverarsi al preparare intere tavole imbandite e letti vuoti perché potessero sfamarsi e riposarsi.
Più o meno su tutto il territorio si intagliavano dapprima le rape, un frutto che ancora una volta richiama il mondo sotterraneo in quanto la rapa cresce completamente sotto terra, poi le zucche, ponendovi un lumino dentro; queste specie di lanterne venivano quindi poste alle finestre ma anche lungo le vie per indicare la strada ai defunti e venivano pure usate dai ragazzini per fare scherzi ai viandanti.
In molte regioni si preparavano cibi a base di legumi e castagne da distribuire ai poveri e su tutto il territorio italiano svariati sono i dolci dedicati ai morti.
I bambini scrivevano lettere in cui chiedevano agli estinti dei regali che avrebbero trovato sul tavolo in cucina la mattina del 2 novembre. Si trattava di cose semplici: pane, noci, melograni, castagne, uva passa, dolci casalinghi, cioè le stesse cose che si donavano ai piccoli che, mascherati con costumi fatti in casa, bussavano alle porte chiedendo “qualcosa per le anime dei morti”.
In alcune regioni c’era l’usanza di prendere appunti sul meteo dei dodici giorni che vanno dal 31 ottobre all’11 novembre per farne previsioni su come sarebbe stato il tempo nei dodici mesi successivi: infatti il “tempo dei morti” non era di una sola notte ma si prolungava fino all’estate di S. Martino, quando si chiudevano i festeggiamenti con pranzi a base di oche, noci e castagne.
Halloween oggi
Il termine Halloween è di origine cristiana e abbastanza recente. Deriva dalla parola scozzese Hallowe’en, che a sua volta è una contrazione di All Hallow eve cioè “sera di tutti i santi”, ed è entrata nel linguaggio comune verso la fine del 1700. Di poco meno di un secolo prima è la leggenda irlandese di Jack o’ Lantern secondo la quale Jack, un fabbro ubriacone, si era trovato ad avere a che fare col demonio più di una volta ma era sempre riuscito a beffarlo negandogli la sua anima. Alla sua morte, però, dati i continui contatti col demonio avuti in vita, non era potuto entrare in Paradiso. D’altra parte il demonio indispettito non lo fece entrare all’inferno, ma lo punì condannando la sua anima a vagare nel mondo dei vivi per sempre con della brace ardente proveniente dagli inferi da usare per farsi luce. Jack pose quella brace dentro una rapa intagliata e la notte del 31 ottobre vagava cercando un rifugio, ma la gente, che lo sapeva, per impedire che la sua anima errabonda entrasse nelle case poneva una rapa con lumino fuori dalle abitazioni, un segnale che diceva “qui non c’è posto per te”.
Nel 1800 milioni di irlandesi, spinti dalla povertà e da una tremenda carestia, emigrarono negli Stati Uniti portando con loro le tradizioni cattoliche e tra queste anche quella di Jack o’ Lantern e Halloween, ma anche quelle legate alle fiabe del “Piccolo Popolo” piene di streghe, spiriti benevoli e non, maghi e folletti. Purtroppo con il passare dei decenni la memoria di quelle leggende si affievolì, le rape furono sostituite dalle zucche e le celebrazioni che ricordavano gli antenati andarono perse.
Il cerchio del “viaggio” compiuto dalla tradizione europea millenaria riguardo il “periodo di buio” si chiude col ritorno dagli Stati Uniti di una festa di Halloween puramente commerciale. Le zucche, ormai, a parte quelle vere che si possono acquistare nei supermercati che ne espongono a centinaia la settimana precedente il 31 ottobre, si possono trovare di ogni dimensione e materiale insieme a oggettistica varia con la sua raffigurazione, tele di ragno, pipistrelli, maschere e costumi di mostri e chi più ne ha più ne metta, e l’antica tradizione della rimembranza dei cari defunti non esiste più se non una breve visita al cimitero il 2 novembre.
La notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre è per gli adulti un’occasione per aggirarsi mascherati e alticci e per i bambini quella per indossare costumi che vanno dalla principessa al pirata, ai personaggi dei film della Disney, da Frankenstein, oltre ai classici da strega e da scheletro o da fantasma; i dolci da consegnare a quelli che ancora girano per le case dicendo “dolcetto o scherzetto” si comprano in confezioni apposite per la serata.
Nonostante la confusione, lo sfarzo e i fiumi d’alcol della notte d’Ognissanti di oggi, ognuno di noi può ritrovare nella propria casa l’antico sentimento di vicinanza con i propri cari che non ci sono più accendendo un piccolo lume da porre alla finestra, per indicare loro che non sono stati dimenticati, e raccontando ai più piccoli aneddoti e storie di vita che li riguardano, rinnovando così la sensazione del fluire della vita dall’ ieri all’oggi per aprirsi al domani.