23 Set FRANCIS SCOTT KEY FITZGERALD
«Ero come quel Dick Whittington che venuto dalla provincia se ne sta a guardare a bocca spalancata gli orsi ammaestrati».
Se dico “Il grande Gatsby” a chi pensate? E se dico Francis Scott Key Fitzgerald? Beh… a me capita di pensare all’uno e all’altro nello stesso modo. Come se fossero tutt’uno. Eppure l’autore di cui voglio parlarvi oggi, simbolo dell’età del jazz o, per meglio dire, dei “ruggenti anni Venti” ha scritto un’infinità di opere, molte delle quali rimaste capolavori indiscussi della letteratura.
Francis Scott Key Fitzgerald è stato infatti uno scrittore, sceneggiatore e poeta statunitense, autore di romanzi e racconti, considerato uno fra i maggiori autori del XX secolo.
Collochiamolo meglio: nacque a Saint Paul, il 24 settembre 1896 in un ambiente tipico del Middle West. Suo padre era un gentiluomo del Sud originario del Maryland, cattolico, distinto e aristocratico nei modi e dall’indole integerrima, ma inconcludente, tanto da non riuscire sempre a provvedere degnamente ai bisogni della famiglia. La madre, Mary McQuillan, era una donna dal carattere romantico e irrequieto, figlia di un commerciante benestante e nipote di un ricco irlandese che aveva fatto fortuna in America grazie al commercio all’ingrosso di generi alimentari.
Sin dall’adolescenza il giovane Scott fu attratto dal mondo aristocratico del Sud e dagli ideali che il padre gli aveva trasmesso, quelli dell’ “onore, della cortesia e del coraggio“, ma avendo sofferto delle ristrettezze economiche e facendo un confronto tra il fallimento paterno e il successo dei nonni materni – che avevano conquistato la stima con il denaro – provò spesso ammirazione per la nuova borghesia statunitense ed ebbe sempre per essa rispetto e una certa invidia.
Fitzgerald non poteva tuttavia fare a meno di rilevare la corruzione e l’apatia che spesso si associava a quello stile di vita e portò sempre con sé un vivo rigetto ricollegabile all’educazione cattolica impartitagli soprattutto dalla madre. Da qui nacque la lotta interna tra l’idealista romantico ed il moralista scettico che è alla base del suo atteggiamento verso la vita delle classi agiate e che costituì il principale tema delle sue opere.
Proprio in queste radici potremmo rinvenire le prime tracce del suo capolavoro, “Il grande Gatsby”…
I Fitzgerald ebbero molte difficoltà economiche dopo che il padre di Scott fu licenziato e furono costretti a trasferirsi a St Paul a casa della nonna materna, rimasta vedova.
Durante questo periodo Scott iniziò a frequentare la St. Paul Academy di Saint Paul (Minnesota), dove già si esercitava alla scrittura tenendo un diario e scrivendo per la rivista studentesca Now and Then. Nel 1909 gli venne pubblicato il suo primo breve racconto di genere poliziesco dal titolo “Il mistero di Raymond Mortgage“.
Ma il profitto non era dei più brillanti e i genitori decisero d’iscriverlo ad un collegio cattolico dell’Est, dove conobbe e fece amicizia con padre Fay, uomo di Chiesa colto e dagli eclettici interessi, che comprese subito che il giovinetto, al di fuori dell’apparenza narcisistica, era dotato di grande sensibilità e intelligenza. Padre Fay fu una figura fondamentale nell’educazione di Fitzgerald, tanto che gli dedicherà il suo primo romanzo, “This Side of Paradise” (“Di qua dal Paradiso”).
Durante questo periodo Fitzgerald si recava frequentemente a New York, che gli appariva come un mondo favoloso e ricco di fascino e che diventerà poi nella sua narrativa un vero e proprio mito.
Nel 1913 Scott convinse i genitori ad iscriverlo alla prestigiosa Università di Princeton, che era l’università più nota dell’epoca dal punto di vista sociale e mondano e che segnerà per il giovane un momento fondamentale nel suo sviluppo. I primi anni trascorsi a Princeton furono i più spensierati della sua vita, trascorsi tra feste, musical e incontri sportivi. E anche se riuscì ad emergere nel rugby, a causa anche del suo fisico delicato, si distinse come ballerino, brillante conversatore e scrittore di commedie musicali del “Triangle Club“, una tra le più famose organizzazioni studentesche degli Stati Uniti d’America.
Presso l’Università si era formata un’associazione studentesca che tra le varie attività proponeva l’organizzazione di un musical che veniva allestito ogni anno.
Fitzgerald, desideroso di successo, accettò di comporre il libretto per l’operetta da presentare allo spettacolo annuale, che venne messo in scena nel dicembre del 1914 con il titolo “Fie!Fie!Fi-Fi”. Ma, avendo trascurato gli studi, non ottenne la carica di presidente del “Triangle Club” come desiderava.
Quando nell’aprile del 1917 gli Stati Uniti d’America intervennero nella prima guerra mondiale, le cose per Scott Fitzgerald cambiarono nuovamente. Inizialmente il giovane scrittore non sembrò colpito da ciò che gli accadeva intorno e continuò con tranquillità la sua vita universitaria.
Tuttavia, ad ottobre presentò domanda di arruolamento nell’esercito statunitense. Si era deciso ad andare come volontario in Europa per combattere in nome degli ideali di giustizia e di democrazia.
Fu così che il 20 novembre, abbandonata l’Università di Princeton senza aver conseguito la laurea, venne inviato a Fort Leavenworth, ma non venne mai inviato al fronte e fu stanziato nel Kansas, dove trascorse lunghi mesi inattivi al campo di addestramento di Fort Leavenworth in Florida. Fitzgerald però sfruttò ogni momento per rivedere, correggere e completare i ventitré capitoli del romanzo che aveva iniziato a Princeton e che sarebbe stata la prima traccia di “Di qua dal Paradiso”.
Circa un anno dopo fu inviato in Georgia, dove conobbe durante un ballo del Country Club di Montgomery, Zelda Sayre, figlia di un noto giudice dell’Alabama, di cui si innamorò e che diverrà la donna della sua vita.
Sarà una storia d’amore all’insegna dell’eccesso e al limite della follia, costellata da numerosi episodi in cui i due sposi si mostreranno come i protagonisti di eventi mondani del jet set dell’età del jazz, ma anche di scandali.
L’amore con Zelda non fu sempre facile. Scott non aveva entrate personali e la famiglia non aveva le risorse per garantire lo stile di vita mondano cui entrambi ambivano e Zelda, che non aveva nessuna intenzione di sposare un uomo senza denaro, si rifiutò di aspettare più a lungo e ruppe il fidanzamento informale. Scott rimase ubriaco per tre settimane e si trovò a dover affrontare la miseria che tanto odiava.
Nel frattempo il clima sociale di New York diventava sempre più incandescente a causa della crisi successiva l’armistizio del 1919 e delle manifestazioni socialiste e operaie. Scott decise quindi di rifugiarsi a Saint Paul per ultimare il suo primo romanzo “This Side of Paradise” (“Di qua dal Paradiso”), che era stato già rifiutato da una casa editrice.
Chiuso in casa, si dedicava giorno e notte alla revisione del romanzo. A settembre egli ripresentò a Scribner il manoscritto, che venne accettato dal suo redattore, Maxwell Perkins, e il 26 marzo 1920 il romanzo, con il titolo di “This Side of Paradise”, (“Di qua dal Paradiso”) fu pubblicato e subito ben accolto diventando, come scrive Barbara Nugnes “un vero e proprio best seller non solo per le indubbie qualità di freschezza e di spirito, ma anche e soprattutto per il tono spregiudicato, insieme cinico e romantico, con cui esplorava la vita sentimentale degli adolescenti statunitensi”.
Fitzgerald divenne così in breve tempo uno dei portavoce della nuova generazione, pronto ad abbandonarsi a quel lungo periodo di gioia irrefrenabile e di esaltazione collettiva che venne detta “Età del jazz“.
Scott ritornò felice e trionfante a Montgomery, mentre con la pubblicazione del romanzo egli aveva raggiunto l’agiatezza economica, e Zelda accettò di sposarlo, il 3 aprile, nella Cattedrale di San Patrizio a New York con una favolosa cerimonia.
Fernanda Pivano scrive di loro: “la grande leggenda della bellissima coppia, eroina, simbolo e interprete di tutte le prodezze sofisticate dell’età del jazz”.
Per l’estate affittarono una casa a Westport, nel Connecticut, e in ottobre un appartamento a New York a 38 West 59th Street, divertendosi in modo esagerato, scandalizzando gli anziani con il loro comportamento anticonformista e nello stesso tempo entusiasmando i giovani.
A settembre uscì la raccolta di racconti “Flappers and Philosophers” (“Maschiette e Filosofi”), comprensiva di otto racconti sempre sullo stile leggero e cinico che tanto aveva attirato i lettori e che gli avevano dato la popolarità e il denaro. I racconti rispecchiavano quell’immagine degli Stati Uniti d’America che piaceva ai giovani: frivola e insieme spregiudicata, anticonformista e piena di romanticismo.
Molto interessante è la figura della “maschietta” (chiamata flapper) che non vuole responsabilità di alcun genere e ama solo divertirsi e pensare a sé stessa.
Nel 1921, la coppia fece ritorno a St. Paul dove nacque la figlia Frances, chiamata affettuosamente con il soprannome di “Scottie“, della quale lo scrittore si prenderà molta cura, soprattutto dopo la malattia che colpirà Zelda.
A Sant Paul però non rimasero a lungo, perché Zelda si annoiava e per passare il tempo si divertiva a dare scandalo, con grande disappunto della cittadina che era molto tradizionalista.
Appena la coppia poté, fece ritorno a New York stabilendosi a Great Neck, Long Island, l’ambiente che Fitzgerald utilizzerà come scenario del suo romanzo “Il grande Gatsby”, e, come Gatsby, qui darà favolose e dispendiose feste che diventeranno leggendarie.
Gli anni newyorkesi furono vissuti all’insegna della mondanità e dello sperpero, indebitando enormemente lo scrittore. Fitzgerald si era infatti imposto subito come simbolo di quella nuova generazione che, colpita dalla guerra, si lasciava trascinare da una vita spensierata, fatta di emozioni e di avventure esaltanti.
Fu il tempo della pubblicazione del romanzo “Belli e dannati” in cui lo scrittore affronta il tema della dissoluzione morale e psicologica di una giovane coppia negli Stati Uniti d’America degli anni venti; della seconda raccolta: “Tales of the Jazz Age”, considerata la migliore produzione della letteratura fitzgeraldiana, tra cui merita menzione “Il curioso caso di Benjamin Button” (da cui è stato tratto l’omonimo film con Brad Pitt) e molti altri.
Tutto quello che lo scrittore aveva guadagnato con il successo dei precedenti romanzi venne sperperato in feste e sprechi, tanto da costringere Fitzgerald a chiedere continui anticipi agli editori e a vendere il suo talento scrivendo a ritmo serrato racconti mediocri che vendeva alle riviste più popolari. In questa condizione lo scrittore, continuamente bisognoso di denaro, era disposto a scrivere anche cose in cui non credeva. Inevitabilmente opere come “The Vegetable”, o “From President to Postman” furono considerati degli insuccessi.
Risale a questo periodo l’amicizia con un altro scrittore dalla vita disordinata e tragica, Ring Lardner, allora suo vicino di casa, grande compagno di bevute al quale si ispirerà per delineare la figura di Abe North, il compositore cinico di “Tenera è la notte”. L’alcool, che ucciderà presto l’amico, stava intanto diventando un problema anche per Fitzgerald e inoltre la vita privata di Scott e Zelda era diventata di dominio pubblico tanto che, come scriverà Nancy Milford “cominciava ad esserci un tocco di farsesco nelle loro esibizioni in pubblico”.
I Fitzgerald erano in grave crisi finanziaria a causa dello stile di vita esoso e degli sperperi economici che stavano prosciugando interamente i guadagni di Scott dalle vendite dei suoi romanzi. Così, illudendosi di diminuire le spese, la coppia si trasferì in Europa dove rimase per cinque anni, eccezion fatta che per un breve intervallo.
Seguirà un periodo di continui spostamenti: Parigi, Nizza, Roma, New York, Hollywood.
Nel frattempo iniziarono i litigi e le incomprensioni tra Scott e Zelda, che cominciò a mostrare delle forti intemperanze caratteriali, mentre Scott si dava sempre più all’alcool, facendosi coinvolgere in risse e scandali ed entrando in una vera e propria crisi creativa.
Fu proprio in quel periodo che venne pubblicato “Il grande Gatsby”, che però non ottenne il successo del precedente romanzo.
Lo scrittore, bisognoso di soldi e di ispirazione, iniziò quindi a lavorare al suo quarto romanzo, “Tender is the Night” (“Tenera è la notte”), che avrebbe terminato solamente otto anni più tardi.
Intanto, dopo la notizia del crac di Wall Street, negli Stati Uniti iniziava il periodo della Grande Depressione e con essa anche la fine dell’età spensierata del jazz.
Al tragico ritorno alla realtà imposto dalla crisi del 1929 si accompagnò anche la crisi familiare e personale di Fitzgerald: nell’aprile 1930 a Zelda venne diagnosticata la schizofrenia e fu ricoverata prima alla Malmaison di Parigi, poi a Montreux in Svizzera, mentre Scott si sistemò a Ginevra e in seguito a Losanna.
Ormai alcolizzato e preoccupato per le condizioni della moglie, ebbe un forte tracollo che gli impedì di lavorare con la necessaria tranquillità alla stesura definitiva di “Tender Is the Night”.
L’anno dopo Fitzgerald ritornò negli Usa, dove appena Zelda fu rimessa, si stabilì con lei a Montgomery nell’Alabama.
Fu una pausa solo provvisoria, in quanto dopo la morte del padre ebbe una ricaduta e fu nuovamente ricoverata. Nel 1932, Scott, quindi, andò a vivere con la figlia a Rodgers Forge, dove Zelda, appena dimessa, li raggiunse.
Intanto, lo scrittore continuava a lavorare al suo romanzo “Tenera è la notte” alla ricerca di un’ispirazione creativa che gli consentisse di ultimarlo.
Finalmente nel 1934 venne pubblicato ma, nonostante il lunghissimo periodo dedicato alla sua stesura, il romanzo non ebbe successo. Zelda intanto continuava a peggiorare.
Scott, ormai disperato per l’insuccesso ottenuto dal libro, per la situazione economica e per il suo stato di salute, peggiorò fino a quel crack-up (crollo) di cui i tre toccanti articoli apparsi nel 1936 sulla rivista Esquire e pubblicati postumi nel 1945 da Edmund Wilson costituiscono una testimonianza drammatica. In essi vi è la confessione del suo fallimento e, come scrive Fernanda Pivano, si tratta di “(…) un documento tragicamente sincero che soltanto il candore di Scott poteva gettare in pasto al pubblico con tanta semplicità. Il suo candore fu ancora una volta frainteso. Nessuno raccolse il grido disperato; il pubblico e perfino gli amici si limitarono a scandalizzarsi; Hollywood gli rifiutò un contratto che sarebbe stato forse la sua salvezza”.
Si riprese solo intorno al 1937, quando accettò di lavorare come sceneggiatore a Hollywood sotto contratto con la MGM per diciotto mesi e s’innamorò di Sheilah Graham, una cronista mondana che lo aiutò a riacquistare il suo equilibrio. Viveva al Garden of Allah Hotel. Il lavoro gli procurò una certa tranquillità economica, tanto da poter scrivere serenamente. Ma una nuova delusione lo colpì stroncandolo: dopo che aveva lavorato alla sceneggiatura e all’adattamento di “Three Comrades” (“Tre camerati”) del regista Frank Borzage, il produttore la rifiutò facendola riscrivere completamente.
Scott tornò a rifugiarsi nell’alcool.
Fu una crisi durata diversi mesi, da cui uscì disincantato ma pur sempre idealista.
Ci sono tracce di ciò nel suo ultimo romanzo, “Gli ultimi fuochi”, uscito postumo nel 1941, pubblicato dall’amico Edmund Wilson con le indicazioni che Fitzgerald stesso aveva predisposto per il suo compimento. Questa resta probabilmente l’opera di Fitzgerald più significativa e penetrante ambientata nel mondo del cinema, grazie alla quale la critica riscoprirà l’autore.
Alla fine di novembre sopraggiunse un primo attacco di cuore. Spaventato, ma non arresosi, lo scrittore continuò faticosamente a scrivere il romanzo che aveva iniziato.
Sono gli ultimi giorni di un protagonista materialista e romantico, ambizioso e puro, organizzatore di feste meravigliose e autore del proprio declino.
Il 20 dicembre terminò il primo episodio del sesto capitolo, ma il giorno seguente un secondo attacco cardiaco lo colse, provocandone la morte a Hollywood, in casa dell’amica Sheila Graham.
In un testamento del 1939 aveva chiesto “il funerale meno caro, senza ostentazione e spese superflue”.
Il funerale avvenne in modo semplice e la sua salma fu inumata in un piccolo cimitero di Rockville, nel Maryland; tra le poche persone a prendervi parte ci fu la scrittrice e amica Dorothy Parker, la quale proprio davanti al feretro, citando una frase dal “Grande Gatsby”, esclamò: “Povero vecchio bastardo”.
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