04 Giu “Lady Montagu e il dragomanno. Viaggio avventuroso alle origini dei vaccini” di Maria Teresa Giaveri
“Scrivo queste ultime righe in una città, in una nazione, in un mondo che sta vivendo un’esperienza quale mai nessuno di noi si sarebbe aspettato – chiusi in casa, sospettosi di ogni contatto. Il viaggio in un secolo così diverso è stato l’occasione di respirare contemplando paesaggi lontani rischiarati da quella che Giuseppe Parini definiva una ‘lunga speranza’; in attesa che una nuova, lunga speranza giunga anche a noi. Primavera 2020”
Con queste righe concludo un interessante viaggio nella storia, attraverso un mondo che ritrovo in tante (troppe) cose simile a quello attuale: implicato in querelle religiose sull’opportunità di cure sperimentali e sulla giustizia di piaghe virali, affetto da presunta superiorità maschile rispetto alle capacità intellettive delle donne, chiuso rispetto a ciò che proviene da lontano perché considerato frutto di popoli inferiori. Ed è buffo constatare che proprio da Oriente, da popoli considerati inferiori e incivili, dalle classi rurali, provenga quella tecnica per la cui diffusione poi una donna colta si è battuta: la storia rovescia i punti di vista. In mezzo a tutto questo ne emergo io, fiera di me, perché nel mio piccolo finalmente so perché il “vaccino” si chiami così. Mi sono arricchita di conoscenza.
Breve, semplice, diretto, pieno di curiosità, partendo dalla piaga del vaiolo e dai viaggi di una donna nell’Est del mondo si segue l’approccio e il diffondersi di una pratica di cui vediamo oggi l’evoluzione, con il suo retaggio di detrattori che purtroppo continuano ad ostacolarne i progressi. Perché conoscere la storia è l’unico modo per impedire che si ripeta.
Rivendicando la lezione galileiana e l’approccio sperimentale basato su principi scientifici come criteri di verità, Verri esporrà i dati della pratica dell’innesto del vaiolo in Europa: 24167 inoculazioni eseguite fino a quel momento (l’anno 1766), delle quali 19 con esito mortale. La percentuale di 1 morto su 1200 operazioni non dovrebbe lasciar dubbi, scriverà Verri, a meno che non si voglia “riserbare alla generazione ventura la fortuna di profittare [di un metodo sì utile] e il diritto di cercare le ragioni della nostra indolenza”.