A Casa di Lucia | GIUSEPPE TOMASI DI LAMPEDUSA
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GIUSEPPE TOMASI DI LAMPEDUSA

Oggi mi occupo di un autore speciale e che personalmente amo molto. Sto parlando del principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa, principe di Lampedusa, 12º duca di Palma, barone di Montechiaro, barone della Torretta, Grande di Spagna di prima Classe.

E sto parlando dell’autore di uno dei capolavori indiscussi della letteratura italiana, Il gattopardo, romanzo vincitore del premio strega del 1959 e tradotto nell’omonimo capolavoro cinematografico di Visconti (celebre la scena del ballo nello splendido palazzo Valguarnera-Gangi).
È oggi comune l’uso del termine “gattopardesco” per indicare il tipico atteggiamento conservatore che sa adattarsi ai cambiamenti, nella convinzione che essi non comprometteranno in alcun modo le posizioni di privilegio di certe classi.
«Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi» è una frase che, a ben vedere, nasconde un duplice significato. Se vogliamo salvarci, è necessario un cambiamento. Ma il cambiamento non deve aver luogo: non viene dall’esterno.
Un’espressione entrata a far parte del linguaggio comune proprio grazie al grandissimo successo de “Il gattopardo” sia dal punto di vista letterario che cinematografico.
È questa l’eredità più grande che può averci lasciato Giuseppe Tommasi di Lampedusa attraverso quest’opera alla quale, si dice, abbia dedicato circa 10 anni della sua vita e che ripercorre in parte la vicenda autobiografica dell’autore ispiratosi, tra l’altro, alla figura del nonno, in parte è un accurato saggio sul cambiamento della società siciliana durante il Risorgimento, dal momento del trapasso del regime borbonico alla transizione unitaria del Regno d’Italia, seguita alla spedizione dei Mille di Garibaldi.
Eppure…
Sapevate che Il gattopardo è un’opera pubblicata postuma dopo la morte del suo autore e che, durante la vita dello scrittore, non fu preso in considerazione dalle case editrici Mondadori e Einaudi, alle quali era stato inviato in lettura?
Ma chi era Don Giuseppe Tomasi di Lampedusa?
Nato a Palermo il 23 dicembre 1896 da Giulio Maria Tomasi e Beatrice Mastrogiovanni Tasca di Cutò, rimasto figlio unico dopo la morte della sorella maggiore Stefania, avvenuta a causa di una difterite, fu noto per la sua complessa personalità, taciturno e solitario e trascorse gran parte del suo tempo nella lettura.
Ricordando la propria infanzia scrisse: “Ero un ragazzo cui piaceva la solitudine, cui piaceva di più stare con le cose che con le persone.”
Tommasi di Lampedusa fu molto legato alla madre, donna dalla forte personalità, che ebbe grande influenza sul futuro scrittore.
Non lo stesso avvenne col padre, descritto come un uomo dal carattere freddo e distaccato.
Il casato dei Tomasi di Lampedusa è una diramazione della famiglia Tomasi da cui discendono anche i Leopardi di Recanati e che la tradizione indica di origini bizantine. Caratterizzata da grande fervore religioso, non condiviso dallo scrittore, la famiglia vanta nell’albero genealogico un santo, san Giuseppe Maria Tomasi e una venerabile, Isabella Tomasi. In epoca recente lo zio Pietro Tomasi della Torretta fu Ministro degli esteri e presidente del Senato.
Anche quest’autore dopo avere frequentato il liceo classico si iscrisse a giurisprudenza senza però terminare gli studi.
Fu chiamato alle armi e partecipò alla disfatta di Caporetto, dove fu catturato dagli austriaci, che lo imprigionarono in Ungheria. Riuscito a fuggire, tornò a piedi in Italia.
Dopo le sue dimissioni dal Regio Esercito con il grado di tenente, ritornò nella sua casa in Sicilia, alternando al riposo qualche viaggio, sempre in compagnia della madre, che non lo abbandonava mai, e svolgendo studi sulle letterature straniere.
Nel 1932 si sposò con la baronessa Licy von Wolff-Stomersee, studiosa di psicanalisi. I due andarono a vivere a Palermo insieme alla madre del principe di Lampedusa, ma ben presto l’incompatibilità di carattere tra le due donne fece tornare Licy in Lettonia.
Successivamente fu di nuovo richiamato alle armi ma essendo l’unico della sua famiglia a doverne gestire l’eredità fu presto congedato. Si rifugiò quindi in Lettonia con la madre a casa di Licy per sfuggire ai pericoli della guerra. La madre, che era da poco tornata a Palermo, morì nel 1946. Nel 1953 iniziò a frequentare un gruppo di giovani intellettuali, dei quali facevano parte Francesco Orlando e Gioacchino Lanza Mazzarino. Con quest’ultimo instaurò un buon rapporto affettivo, tanto da adottarlo qualche anno dopo.
In questo periodo Tommasi di Lampedusa frequentò numerosi salotti letterali. Risale a questo periodo l’incontro con Eugenio Montale e Maria Bellonci e, sembra, l’inizio della stesura de Il gattopardo.
Nel 1957 gli fu diagnosticato un tumore ai polmoni; morì il 23 luglio, dopo aver adottato come erede l’allievo e lontano cugino Gioacchino Lanza di Assaro. Da quel momento in poi Gioacchino Lanza Mazzarino fu ribattezzato Gioacchino Lanza Tomasi.
Curiosamente, anche Giuseppe Tomasi di Lampedusa morì lontano da casa come il suo antenato protagonista de Il Gattopardo, il 23 luglio 1957 a Roma nella casa della cognata in via San Martino della Battaglia n. 2, dove era andato per sottoporsi a particolari cure mediche che si rivelarono inefficaci.
Curioso anche il parallelismo con il finale del romanzo…
Non avendo eredi, i titoli nobiliari (duca di Palma, principe di Lampedusa, barone di Montechiaro, barone della Torretta e Grande di Spagna di prima Classe) andarono allo zio paterno Pietro Tomasi della Torretta, che a sua volta morì senza lasciare discendenti diretti, ma solo collaterali. Gli succedette il cugino Giuseppe Garofalo, figlio di Maria Antonia Tomasi di Lampedusa, che ereditò con due cugine figlie di Chiara anche parte dei beni.
Il romanzo di Tommasi di Lampedusa si conclude nel 1910: il principe di Salina è morto da tempo e gli sopravvivono solo tre figlie, Carolina, Concetta e Caterina, zitelle e in procinto di rivendicare il valore delle reliquie false accumulate nella cappella di famiglia… 
Scopri la ricetta racchiusa nel libro “Il Gattopardo”. Segui il link: https://www.acasadilucia.org/2022/03/27/il-timballo-del-gattopardo/


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